Titolo

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domanda di risarcimento ominicomprensiva

Immobili, Condominio e Locazioni Tutela Consumatori

La Corte di Cassazione si pronuncia in tema di clausole predisposte unilateralmente dal mediatore immobiliare (Cass. 785/24)

LA VICENDA

Una agenzia immobiliare conveniva in giudizio Tizio e Caio per sentirli condannare al pagamento della provvigione maturata a seguito dell’attività di mediazione avente ad oggetto la locazione di un immobile. La richiesta di pagamento della provvigione si fondava su una clausola predisposta unilateralmente dalla Agenzia immobiliare che prevedeva il diritto al compenso provvigionale anche dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo da parte del soggetto che si era avvalso della sua attività anche qualora l’affare fosse stato successivamente concluso da un familiare , società o persona a questi “riconducibile “.

I PASSI SALIENTI DELLA SENTENZA IN TEMA DI CLAUSOLE VESSATORIE

Con la sentenza delle Sezioni Unite del 6.4.2023, n.9479, pronunciata all’indomani della citata pronuncia della Corte di Giustizia UE (sentenza del 17.5.2022), è stato previsto un obbligo di accertamento e di indagine da parte del giudice del monitorio, al fine di accertare l’abusività delle clausole, attraverso una relazione costante con il ricorrente per decreto ingiuntivo, al quale il giudice può chiedere di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore.

L’art.33 del Codice del Consumo prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori se, malgrado la buona fede determinano un significativo squilibrio in danno del consumatore. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime.

L’onere probatorio di confutare la natura presumibilmente vessatoria di una clausola contrattuale grava sul professionista.

In primis, la presunzione di vessatorietà può essere vinta dal professionista, in conformità a quanto espressamente previsto dall’art. 34, comma 4 del Codice del Consumo, mediante la dimostrazione che la clausola censurata non sia stata unilateralmente imposta dallo stesso, ma abbia, di contro, formato oggetto di specifica trattativa individuale tra le parti.

Ad avviso del collegio, la clausola in esame, inserita nel modulo contrattuale predisposto dalla Toscano Spa, determina certamente uno squilibrio significativo perché vincola il consumatore, che si sia avvalso dell’attività del mediatore, al pagamento della provvigione per un periodo indeterminato “dopo la scadenza del contratto”, nell’ipotesi in cui il contratto sia stato concluso da un familiare, società partecipate dal medesimo o da altre persone “riconducibili” al consumatore.

Si tratta di una formulazione estremamente ampia e generica, che illegittimamente vincola al pagamento la parte che è entrata in contatto con il mediatore. Detta clausola, che non rientra nell’ambito dell’elenco previsto dall’art.33 del Codice del Consumo, attribuisce il diritto al compenso del mediatore indipendentemente dalla prova dell’accordo tra la parte, che si è avvalsa della sua attività, ed il terzo che ha concluso successivamente l’affare.

La clausola implica una tacita proroga del vincolo contrattuale successiva alla scadenza dell’incarico, come previsto dall’art.1341 c.c., obbligando chi si sia avvalso dell’attività del mediatore a corrispondere la provvigione ogni qual volta il contratto sia concluso, dopo la scadenza dell’incarico, da qualunque soggetto lui legato da rapporti personali o familiari.

Lo scopo di tale previsione è quello di tutelare il mediatore nell’ipotesi in cui, dopo la scadenza del contratto, la parte concluda l’affare per il tramite di un terzo, sottraendosi all’obbligo di corrispondere la mediazione.

Detta esigenza non può, tuttavia, trasmodare in una tutela preventiva ed assoluta della posizione del mediatore, svincolata dall’accertamento fattuale, anche in via presuntiva, dell’accordo con il terzo, al fine di sottrarsi al pagamento del compenso provvigionale o dell’agevolazione del terzo nella conclusione dell’affare da parte di chi si era avvalso dell’attività del mediatore.

Tale clausola determina un significativo squilibrio a carico del consumatore, obbligato ad adempiere la propria prestazione a beneficio del professionista, indipendentemente dall’accertamento dell’esistenza di un preventivo accordo fra il consumatore e il terzo, volto ad eludere l’obbligo di pagare la provvigione.

Ne deriva che la clausola che riconosce tout court il diritto del compenso al mediatore, dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, da parte di un soggetto che si sia avvalso dell’attività del mediatore, qualora l’affare sia stato concluso da un familiare, società o persona “riconducibile ” al preponente ha quindi natura vessatoria.

IL PRICIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO DALLA CORTE

E’ vessatoria ed abusiva, ai sensi dell’art.1341 c.c. e dell’art.33 del Codice del Consumo, la clausola, predisposta unilateralmente dal mediatore, che prevede il diritto del compenso provvigionale, dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, da parte di un soggetto che si sia avvalso della sua attività qualora l’affare sia stato successivamente concluso da un familiare, società o persona “riconducibile “; detta clausola determina un significativo squilibrio a cari del consumatore perché lo obbliga ad una prestazione in favore del professionista indipendentemente da ogni accertamento, anche in via presuntiva, del preventivo accordo con il soggetto che ha concluso l’affare o di ogni altra circostanza concrete da cui risulti che l’affare sia stato agevolato in ragione dei rapporti familiari o personali tra le parti

LA SENTENZA

Cassazione civile, Sez. II, Sentenza del 09/01/2024, n. 785

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere Rel.

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2359/2017 R.G. proposto da:

TOSCANO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato RIGGIO GIANDOMENICO (c.f. Omissis) che la rappresenta e difende;

-ricorrente- contro A.A., rappresentata e difesa da sé medesima ed elettivamente domiciliata in ROMA VIA A GRAMSCI 14,

– controricorrente e ricorrente in via incidentale-

avverso SENTENZA di TRIBUNALE ROMA n. 16658/2016 depositata il 09/09/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2023 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

Svolgimento del processo

1.In data 9.10.2007, B.B. concluse un contratto di mediazione con la Toscano Spa, avente ad oggetto la locazione di un immobile in Roma al canone di Euro 3.960,00, con espressa preferenza per conduttori stranieri.

1.1. Il 28.2.2008, A.A. sottoscrisse una proposta di locazione per l’importo di Euro 3.600,00., con la quale si impegnò a corrispondere il compenso provvigionale.

1.2. La proposta non venne accettata.

1.3. Scaduto il mandato, C.C., marito della A.A., concluse il contratto con la locatrice B.B. ed ivi stabilì la sua residenza.

1.4. La Toscano Spa citò A.A. ed B.B. inizialmente davanti al tribunale di Roma e in seguito, essendo stata eccepita l’incompetenza per valore, innanzi al Giudice di Pace di Roma per chiedere il pagamento della provvigione.

1.5. A.A. si costituì per resistere alla domanda e concluse eccependo la propria carenza di legittimazione passiva; in via riconvenzionale, chiese accertarsi la nullità della clausola con cui si era obbligata a corrispondere il compenso provvigionale anche in caso di locazione dell’immobile dopo la scadenza dell’incarico e anche qualora il contratto fosse stato concluso da parte di soggetti ad essa riconducibili (familiari, società partecipate), deducendone la sua vessatorietà.

1.6. Il Giudice di Pace accolse la domanda della Toscano Spa e condannò A.A. ed B.B.al pagamento della provvigione.

1.7. La sola A.A. propose appello, insistendo sulle conclusioni già prese in primo grado.

1.8. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 9.9.2016, accolse l’appello di A.A. e dichiarò che nulla era dovuto alla Toscano Spa, mancando la prova del rapporto causale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare.

2.La Toscano Spa ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma sulla base di due motivi.

2.1 A.A. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.

2.2.Con ordinanza interlocutoria del 15.12.2021, il collegio ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza in relazione alla validità della clausola che obbliga la parte che si è avvalsa dell’attività del mediatore di corrispondere il compenso provvigionale qualora l’affare sia concluso, dopo la scadenza dell’incarico, da parte di familiari o altri soggetti a lui riconducibili.

2.3. In corso di causa la parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di fatti o documenti controversi decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.5 c.p.c., costituiti dalla circostanza che A.A. avesse visitato l’immobile con il marito, avesse fatto una proposta di locazione rifiutata dalla proprietaria e che, dopo la scadenza dell’incarico con l’agenzia immobiliare, il contratto di locazione fosse stato concluso dal coniuge, C.C. Detta documentazione, il cui contenuto non era stato contestato, fornirebbe la prova del nesso di causalità tra l’attività di mediazione e la conclusione dell’affare, considerando che A.A. si era obbligata a corrispondere il compenso al mediatore se, dopo la scadenza dell’incarico, l’affare fosse stato concluso da parte di familiari o altri soggetti riconducibili alla parte preponente. La società ricorrente contesta la motivazione del Tribunale nella parte in cui pone a suo carico la prova delle condizioni contrattuali del contratto di locazione concluso tra C.C. e B.B., trattandosi di dati non conoscibili dal mediatore.

2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art.2697 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere il Tribunale errato nell’applicazione del principio dell’onere della prova circa l’esistenza di un nesso causale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare. La Toscano Spa avrebbe assolto all’onere probatorio, documentato l’attività di mediazione svolta in favore di A.A., l’esito positivo di tale attività, sfociata nella proposta di locazione non accettata dalla proprietaria, la conclusione del contratto da parte del marito e l’esistenza di un obbligo contrattuale di corrispondere la mediazione in caso di contratto concluso con persone a lei riconducibili dopo la scadenza dell’incarico.

2.1.I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

2.2.E’ opportuno il richiamo ai principi affermati da questa Corte in materia di nesso di causalità tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare.

2.3. Ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione non è richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (Cass.25851/2014; Cass. 19705/2008; Cass. 28231/2005).

2.4. In applicazione del principio della causalità adeguata, il giudice deve accertare non solo la “messa in relazione” delle parti da parte del mediatore ma anche il carattere adeguato dell’apporto causale di quest’ultimo, al fine di affermare che la conclusione dell’affare sia l’effetto dell’intervento del mediatore. 2.5 Come di recente ribadito da Cass. n. 3165/2023, per il riconoscimento del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1, c.c., è necessario che la conclusione dell’affare sia effetto causato adeguatamente dall’intervento del mediatore, senza che l’aver messo le parti in relazione tra loro sia di per sé sufficiente a conferire all’intervento il carattere dell’adeguatezza.

2.6.Il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, che sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipulazione del contratto, sempre che questo possa ritenersi conseguenza dell’opera dell’intermediario tale che, senza di essa, secondo il principio della causalità adeguata, il contratto stesso non si sarebbe concluso (Cass. n. 11443 del 08/04/2022).

2.7. Affinché si recida il nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la successiva conclusione dell’affare è necessario che dopo una prima fase delle trattative avviate con l’intervento del mediatore e che non abbia dato esito positivo, la finalizzazione dell’affare sia indipendente dall’intervento del mediatore che le aveva poste originariamente in contatto (Cass. n. 22426 del 16/10/2020), senza che si possa però escludere a priori la sussistenza del nesso causale sol perché alla iniziale fase delle trattative ne sia seguita un’altra con l’intervento di un secondo mediatore (Cass. n. 869 del 16/01/2018).

2.8. La sentenza impugnata, pur ispirandosi inizialmente a una lettura coerente con questi principi, ne ha fatto precaria applicazione.

2.9. Viene in risalto, in primo luogo, il secondo profilo del primo motivo di ricorso, laddove è stato evidenziato che il tribunale di Roma ha del tutto omesso di considerare la portata della clausola che obbligava la aspirante conduttrice a versare la provigione in caso di successiva conclusione del contratto con un congiunto di essa.

2.10.Tale clausola era astrattamente idonea a risolvere la controversia in favore della mediatrice e doveva essere esaminata.

2.11.In secondo luogo la sentenza impugnata ha del tutto omesso la valutazione specifica delle circostanze dedotte dalla attrice circa la visita dell’immobile che sarebbe stata effettuata dalla A.A. unitamente al marito (il ricorso a pag. 12 evidenzia che la circostanza sarebbe stata ammessa in comparsa di risposta); che proprio questi abbia successivamente stipulato la locazione; che la A.A. aveva formulato una proposta di locazione evidentemente ritenendo idoneo l’immobile. Ha avuto riguardo solo alla circostanza che l’incarico iniziale della locatrice prevedeva la locazione a stranieri, circostanza invero che non esclude che fosse stata l’opera del mediatore a indurre a modificare questa preferenza.

2.12.Il tribunale ha omesso di valutare la portata presuntiva delle circostanze addotte da parte ricorrente e ha concentrato la motivazione (cfr. pag. 11) sulla mancanza di deduzioni e prove circa le condizioni del contratto concluso dall’C.C., che sarebbero state secondo la sentenza impugnata indispensabili per stabilire se l’attività svolta da Toscano Spa, sostanzialmente non contestata, fosse legata da nesso di causalità con la stipula del marito della proponente iniziale.

2.13.In tal modo il tribunale, oltre ad omettere l’esame di fatti potenzialmente decisivi, ha rovesciato l’onere della prova, come lamentato in ricorso, giacché la mediatrice non poteva essere a conoscenza del canone e delle condizioni contrattuali pattuite dal congiunto della cliente, visitatore dell’alloggio. Trattasi di circostanze che erano nella conoscenza e disponibilità delle parti convenute (una delle quali non ha impugnato la sentenza di condanna resa dal giudice di pace), atteso il rapporto di coniugio all’epoca esistente con C.C. e che potevano essere allegate per resistere alla domanda qualora l’accordo raggiunto fosse stato sensibilmente diverso da quello proposto.

2.14.Il primo profilo del primo motivo e il secondo motivo del ricorso principale vanno pertanto accolti.

3. L’accoglimento del ricorso principale implica la trattazione del ricorso incidentale condizionato proposto da A.A.

3.1.Con il primo motivo, è dedotta la violazione degli artt.1341 c.c. e degli artt.33 e 34 del D. Lgs 206 del 2005, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per essere nulla la clausola con cui si era obbligata a corrispondere il compenso al mediatore anche nel caso in cui l’immobile fosse stato locato dopo la scadenza dell’incarico, qualora il contratto fosse stato concluso da parte di soggetti ad essa riconducibili (familiari, società partecipate). La ricorrente in via incidentale rileva come la clausola, redatta su un modulo predisposto dalla Toscano Spa, limiti la libertà contrattuale nei rapporti con i terzi senza limiti di tempo, sicché avrebbe richiesto la specifica approvazione per iscritto, attesa la sua natura vessatoria; inoltre, detta clausola determinerebbe un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto in cui è parte un consumatore, in violazione dell’art.33 del Codice del Consumo. Infine, l’art.34 del Codice del Consumo, in caso di contratto concluso su moduli o formulari, porrebbe a carico del professionista l’onere di provare che le clausole abusive, malgrado siano state unilateralmente predisposte, siano state oggetto di specifica trattativa mentre il Tribunale non avrebbe svolto tale accertamento.

3.2. Il motivo è fondato.

3.3. E’ pacifico che il contratto di mediazione predisposto su formulario dalla Toscano Spa conteneva una clausola, non specificamente sottoscritta da A.A., che la obbligava a corrispondere il compenso al mediatore anche nel caso in cui l’immobile fosse stato locato dopo la scadenza dell’incarico e anche qualora il contratto fosse stato concluso da parte di soggetti ad essa riconducibili (familiari, società partecipate).

3.4. Non è stata valutata e quindi negata la qualità di consumatore di A.A. e, conseguentemente, l’applicabilità potenziale del D. Lgs 206/2005 (Codice del Consumo), dalla medesima espressamente invocato sin dall’atto introduttivo e riproposto con l’appello incidentale condizionato perché non esaminato dal giudice di primo grado, che aveva rigettato la domanda della Toscano Spa

3.5. Tanto risulta dalla previsione dell’art.1469 bis c.c., introdotto dall’art. 142 del Codice del Consumo, con cui si stabilisce che le disposizioni del codice civile contenute nel titolo “Dei contratti in generale” “si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal Codice del Consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore”.

3.6. Nell’ attuale assetto normativo esiste una chiara preferenza del legislatore per la normativa del Codice del Consumo, applicabile non solo in relazione al contratto di vendita ma in relazione a tutti i contratti in cui è parte il consumatore (ex multis Cass. Civ. Sez. III, 30.5.2019, n.14775).

3.7. Il sistema di tutela istituito con la Direttiva 93/2013 si fonda sull’idea che il consumatore si trovi in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista, sia per quanto riguarda il potere negoziale, sia per quanto riguarda il livello di informazione (v., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

3.8. La normativa speciale introduce, quindi, una specifica disciplina diretta ad appianare le disuguaglianze sostanziali fra soggetti titolari di poteri contrattuali differenti, integrativa della normativa codicistica, enucleando una forma di tutela privatistica differenziata su base personale, applicabile esclusivamente in ragione della qualifica soggettiva rivestita dalle parti contraenti.

3.9. E’ obbligo del giudice rilevare, anche d’ufficio, la natura abusiva delle clausole predisposte dal professionista, al fine di ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore ed il professionista anche nell’ipotesi in cui il consumatore sia rimasto contumace, come affermato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4.6.2020, nella causa C-495/19.

3.10. Da ultimo, la Corte di Giustizia UE, con la recente sentenza del 17.5.2022 (nelle cause riunite C-693/19 e C-831/19) ha esteso il dovere officioso del giudice di rilevare la nullità del contratto anche al procedimento esecutivo basato su un decreto ingiuntivo non opposto dal consumatore, ovvero nelle ipotesi di “consumatore inerte”.

3.11.Con la sentenza delle Sezioni Unite del 6.4.2023, n.9479, pronunciata all’indomani della citata pronuncia della Corte di Giustizia, è stato previsto un obbligo di accertamento e di indagine da parte del giudice del monitorio, al fine di accertare l’abusività delle clausole, attraverso una relazione costante con il ricorrente per decreto ingiuntivo, al quale il giudice può chiedere di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore.

3.12. Tracciati i confini soggettivi della normativa di cui al D.Lgs. 2005, n. 206 ed il potere del giudice di valutare, anche ex officio, la natura abusiva della clausola, risulta, a questo punto, necessario perimetrarne l’ambito oggettivo, focalizzando l’attenzione sulle c.d. clausole vessatorie, la cui disciplina, in forza del rinvio operato dall’art. 1469 bis c.c., è cristallizzata negli artt. 33 e ss. del Codice del Consumo.

3.13. L’art.33 del Codice del Consumo riproduce l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la quale prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori se, malgrado la buona fede determinano un significativo squilibrio in danno del consumatore. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime (v., in particolare, sentenze del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099, punto 23, nonché del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C-154/15, C-307/15 e C-308/15, EU:C:2016:980, punti 53 e 55).

3.14.L’art. 33, comma 1 del Codice del Consumo esprime un’enunciazione di ordine generale, definendo vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

3.15. Segue una lista indicativa di clausole che assumono carattere orientativo ed indicativo, lasciando tuttavia aperta sia la possibilità di ritenere vessatorie clausole che non sono contemplate nella lista , sia di ritenere in concreto non vessatorie clausole che rientrerebbero nella lista, qualora si superi la presunzione di vessatorietà.

3.16. L’elenco ha la funzione di tipizzare le clausole abusive, agevolando l’indagine giudiziale attraverso la presunzione assoluta di vessatorietà (c.d. lista grigia), in forza della quale una previsione negoziale astrattamente riconducibile ad una o più delle clausole espressamente contemplate dal suddetto elenco si presume vessatoria, salvo che il professionista fornisca la prova contraria.

3.17. L’onere probatorio gravante sul professionista al fine di confutare la natura presumibilmente vessatoria di una clausola contrattuale si considera assolto al ricorrere di determinati presupposti.

3.18. In primis, la presunzione di vessatorietà può essere vinta dal professionista, in conformità a quanto espressamente previsto dall’art. 34, comma 4 del Codice del Consumo, mediante la dimostrazione che la clausola censurata non sia stata unilateralmente imposta dallo stesso, ma abbia, di contro, formato oggetto di specifica trattativa individuale tra le parti, sempre che la medesima risulti caratterizzata dagli indefettibili requisiti dell’individualità, serietà ed effettività (Cass. civ., 20/03/2016, n. 6802; Cass. civ., 26/09/2008, n. 24262).

3.19. Ad avviso del collegio, la clausola in esame, inserita nel modulo contrattuale predisposto dalla Toscano Spa, determina certamente uno squilibrio significativo perché vincola il consumatore, che si sia avvalso dell’attività del mediatore, al pagamento della provvigione per un periodo indeterminato “dopo la scadenza del contratto”, nell’ipotesi in cui il contratto sia stato concluso da un familiare, società partecipate dal medesimo o da altre persone “riconducibili” al consumatore.

3.20. Si tratta di una formulazione estremamente ampia e generica, che illegittimamente vincola al pagamento la parte che è entrata in contatto con il mediatore.

3.21. Detta clausola, che non rientra nell’ambito dell’elenco previsto dall’art.33 del Codice del Consumo, attribuisce il diritto al compenso del mediatore indipendentemente dalla prova dell’accordo tra la parte, che si è avvalsa della sua attività, ed il terzo che ha concluso successivamente l’affare.

3.22.La clausola implica una tacita proroga del vincolo contrattuale successiva alla scadenza dell’incarico, come previsto dall’art.1341 c.c., obbligando chi si sia avvalso dell’attività del mediatore a corrispondere la provvigione ogni qual volta il contratto sia concluso, dopo la scadenza dell’incarico, da qualunque soggetto lui legato da rapporti personali o familiari.

3.23.Lo scopo di tale previsione è quello di tutelare il mediatore nell’ipotesi in cui, dopo la scadenza del contratto, la parte concluda l’affare per il tramite di un terzo, sottraendosi all’obbligo di corrispondere la mediazione.

3.24. Detta esigenza non può, tuttavia, trasmodare in una tutela preventiva ed assoluta della posizione del mediatore, svincolata dall’accertamento fattuale, anche in via presuntiva, dell’accordo con il terzo, al fine di sottrarsi al pagamento del compenso provvigionale o dell’agevolazione del terzo nella conclusione dell’affare da parte di chi si era avvalso dell’attività del mediatore.

3.25. L’esigenza di tutela del mediatore deve essere bilanciata con la tutela del consumatore, che è parte debole nei contratti predisposti unilateralmente dal professionista.

3.26. Si pone, quindi, un problema di compatibilità della clausola con l’art.33 del Codice del Consumo e con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, in quanto, a fronte di una rafforzata tutela del mediatore, determina un significativo squilibrio in danno del consumatore.

3.27. In tema di mediazione, questa Corte, esaminando l’ipotesi di una clausola che attribuiva al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di recesso da parte del venditore, ne ha affermato la vessatorietà nelle ipotesi in cui il compenso non trovi giustificazione nella prestazione svolta dal mediatore, determinando un significativo squilibrio contrattuale tra le parti la clausola che riconoscere al mediatore l’importo pattuito a prescindere dall’attività svolta e dai risultati conseguiti. In tale ipotesi, è stato demandato al giudice di merito di valutare se una qualche attività sia stata svolta dal mediatore attraverso le attività propedeutiche e necessarie per la ricerca di soggetti interessati all’acquisto del bene (Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, n.19565).

3.28.Il compenso provvigionale deve trovare giustificazione nello svolgimento di una concreta attività di ricerca di soggetti interessati all’affare, attraverso la predisposizione dei propri mezzi e della propria organizzazione.

3.29. Sotto tale profilo, questa Corte non ha ritenuto rilevante che l’affare si sia concluso tra le medesime parti o tra parti diverse da quelle cui è stato proposto, allorché vi sia un legame, anche se non necessariamente di rappresentanza, tra la parte alla quale il contratto fu originariamente proposto e quella con la quale è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell’ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell’affare su un altro soggetto (Cassazione civile sez. VI, 19/02/2021, n.4644 non massimata)

3.30.La clausola che riconosce tout court il diritto del compenso al mediatore, dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, da parte di un soggetto che si sia avvalso dell’attività del mediatore, qualora l’affare sia stato concluso da un familiare, società o persona “riconducibile ” al preponente ha natura vessatoria in quanto obbliga il consumatore ad una prestazione in favore del professionista indipendentemente da ogni accertamento del preventivo accordo tra le parti e di ogni altra circostanza concrete, da provarsi anche in via presuntiva, da cui risulti che l’affare sia stato agevolato in ragione dei rapporti familiari o personali tra le parti.

3.31.Il giudice di merito dovrà valutare l’abusività della clausola, verificando in concreto la condotta di A.A. nella conclusione dell’affare da parte del marito.

3.32. In applicazione dell’art.34 del Codice del Consumo, il giudice di merito dovrà accertare se la clausola è oggetto di trattativa

individuale, essendo stata inserita in modulo predisposto dal mediatore.

3.33. Anche il ricorso incidentale deve essere accolto; la sentenza va cassata con rinvio al Tribunale di Roma in persona di altro magistrato, che applicherà il seguente principio di diritto:

” E’ vessatoria ed abusiva, ai sensi dell’art.1341 c.c. e dell’art.33 del Codice del Consumo, la clausola, predisposta unilateralmente dal mediatore, che prevede il diritto del compenso provvigionale, dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, da parte di un soggetto che si sia avvalso della sua attività qualora l’affare sia stato successivamente concluso da un familiare, società o persona “riconducibile “; detta clausola determina un significativo squilibrio a cari del consumatore perché lo obbliga ad una prestazione in favore del professionista indipendentemente da ogni accertamento, anche in via presuntiva, del preventivo accordo con il soggetto che ha concluso l’affare o di ogni altra circostanza concrete da cui risulti che l’affare sia stato agevolato in ragione dei rapporti familiari o personali tra le parti”.

4.Va dichiarato assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale con il quale si deduce la nullità della sentenza in relazione alla statuizione delle spese di lite.

5.Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti

con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma in persona di altro magistrato.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile in data 19 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2024.

 

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