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Contratti Immobili, Condominio e Locazioni

Superbonus 110 perso? Non basta lamentarne la perdita ma va provato concretamente il danno e il nesso causale (Trib. Pavia 17.03.25)

Il Tribunale di Pavia ribadisce che la mancata esecuzione dei lavori da parte dell’appaltatore legittima la risoluzione del contratto e la restituzione dell’acconto, ma il risarcimento della perdita del Superbonus 110% richiede la prova rigorosa del nesso causale e del danno patrimoniale effettivo.

Il CASO

Un committente stipula un contratto di appalto per l’esecuzione di importanti lavori di ristrutturazione edilizia, finalizzati a beneficiare del Superbonus 110%. Dopo il versamento di un acconto, l’appaltatore, pur avendo allestito il cantiere, non esegue i lavori pattuiti, nonostante diffide e solleciti. Il committente agisce quindi in giudizio chiedendo: A) la risoluzione del contratto per grave inadempimento, B) la restituzione dell’acconto versato, C) il risarcimento del danno per la perdita definitiva delle agevolazioni fiscali.

L’esito della lite

Il Tribunale di Pavia dichiara la risoluzione del contratto di appalto per grave inadempimento dell’appaltatore e condanna la società appaltatrice alla restituzione dell’acconto di € 25.643,09, oltre interessi legali. Rigetta, tuttavia, la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da perdita del Superbonus 110%.

Ecco i motivi per cui la domanda risarcitoria è stata respinta

Non basta affermare di aver perso il Superbonus: bisogna provare di avere realmente perso un vantaggio economico concreto. Manca, infatti, la prova che il committente non avrebbe potuto incaricare un’altra impresa in tempo utile per conservare il bonus. Non è neppure stata provata la spesa maggiore sostenuta per affidare i lavori a terzi o l’assunzione di un obbligo di spesa più gravoso. a ciò aggiungasi che la quantificazione del danno operata dal tecnico era ipotetica e inattendibile, basata sui costi preventivati e non su spese effettive. Infine, la domanda di risarcimento per perdita di chance è stata proposta tardivamente in comparsa conclusionale ed è quindi inammissibile.

I PRINCIPI DI DIRITTO ENUNCIATI DAL TRIBUNALE

In tema di appalto, il grave inadempimento dell’appaltatore, consistente nella mancata esecuzione delle opere contrattualmente pattuite nei termini stabiliti e senza giustificato motivo, legittima la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. e la restituzione dell’acconto versato dal committente. In caso di contumacia del convenuto, la produzione documentale dell’attore, non disconosciuta, è pienamente idonea a provare il credito. Non è invece risarcibile il danno da perdita di agevolazioni fiscali (es. Superbonus 110%) in assenza della prova concreta del nesso causale tra l’inadempimento e l’impossibilità di ottenere il beneficio, né è ammissibile la domanda di risarcimento per perdita di chance se proposta solo in comparsa conclusionale.

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PAVIA (Giudice Dott. G. Rocchetti)

(Omissis)

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 29.02.2024, OMISSIS, conveniva in giudizio, davanti all’intestato Tribunale, la OMISSIS, per sentirla condannare, previo accertamento del grave inadempimento imputabile all’appaltatore e della conseguente pronuncia di risoluzione del contratto d’appalto stipulato tra le parti in data 20.08.2021, alla restituzione, in suo favore, dell’acconto versato pari ad Euro 25.643,09, oltre al risarcimento dei danni subiti a causa ed in conseguenza dell’inadempimento contrattuale, consistenti nella perdita definitiva dell’agevolazione fiscale del “superbonus 110%”, quantificati in Euro 185.388,39, il tutto oltre agli interessi legali, rivalutazione monetaria e al rimborso delle spese di lite.
A sostegno delle domande, l’attore adduceva le seguenti circostanze:
– di aver deciso, nel 2021, di effettuare importanti interventi di ristrutturazione dell’immobile, di sua proprietà, sito in M. (P.) – località S.D., per poter usufruire dei benefici fiscali previsti dal c.d. superbonus 110%;
– di aver commissionato i lavori alla società OMISSIS, sottoscrivendo in data 20.08.2021 il contratto di appalto, avente ad oggetto l’esecuzione delle seguenti opere: – l’isolamento a cappotto; – il rifacimento delle facciate; – l’isolamento della copertura; – la sostituzione degli infissi e serramenti con infissi e serramenti ad alta efficienza energetica; – l’installazione di impianto termico ad alta efficienza e termoregolazione; – l’installazione di pompe di calore ad alta efficienza; –
l’installazione di collettori solari termici per la produzione di acqua calda; – sistemi frangisole; – il “building automation” degli impianti di climatizzazione; – l’impianto fotovoltaico sulla copertura dell’immobile dotato di sistema di accumulo; – le colonnine per la ricarica dei mezzi elettrici; – le opere di riduzione del rischio sismico e consolidamento statico;
– che i lavori appaltati dovevano iniziare entro il 30.08.2021, mentre la consegna (fine lavori) veniva indicata entro il 15.04.2022 (art. 8);
– di aver pattuito il corrispettivo dell’appalto in complessivi Euro 233.119,00, il cui versamento doveva avvenire con le seguenti modalità: – 10% pari ad Euro 23.119,00 oltre IVA, all’inizio dei lavori; – il 30% al primo SAL dei lavori; – ulteriore 30% al secondo SAL, equivalente al 60% delle opere realizzate; – il saldo, pari al 40% del prezzo, a fine lavori (art. 19);
– di aver effettuato, in data 08.09.2021, il primo versamento alla società di Euro 25.643,09 a saldo della fattura n. (…) del 30.08.2021; di contro, l’appaltatore, dopo aver effettuato alcuni accessi preliminari per allestire il cantiere, non proseguiva nei lavori e quindi non portava a termine le opere commissionate nel termine indicato e neppure successivamente;
– che, nonostante le diffide e le sollecitazioni all’impresa, per il tramite del suo legale di fiducia, ad adempiere alla prestazione pattuita al fine di poter accedere ai benefici fiscali al 110% mediante “sconto in fattura”, riceveva dall’amministratore unico della società, … OMISSIS, soltanto promesse ed appuntamenti con la D.L. senza nemmeno presentarsi alle date stabilite;
– che anche le successive promesse di adempimento della società appaltatrice sono rimaste inadempiute a conferma della volontà di quest’ultima di non portare a compimento le opere oggetto del contratto, rendendosi necessaria l’azione giudiziale.
La convenuta, pur ritualmente citata in giudizio (e nonostante la richiesta di visibilità al fascicolo telematico), non si costituiva e in sede di verifiche preliminari veniva dichiarata contumace.
Parte attrice non depositava le memorie integrative exart. 171-ter c.p.c.
Alla prima udienza del 10.07.2024, il Tribunale, ritenuta la causa documentalmente istruita e matura per la decisione, rinviava all’udienza cartolare del 19.02.2025 per la rimessione della causa in decisione, concedendo i termini intermedi di cui agliartt. 281-quinquies e189 c.p.c. per il deposito della nota di precisazione delle conclusioni e delle difese conclusive.
Ragioni giuridiche della decisione
1. Le domande proposte dall’attore possono essere accolte soltanto in parte, nei limiti che seguono.
1.1 Giova premettere che quando viene proposta una domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto a prestazioni corrispettive, il creditore che agisce deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (principio indiscusso daCass. Sez. Un. n. 13533/2001 ; v. tra le tante conf.,Cass. n. 5853/2023 ;Cass. n. 22244/2022 ;Cass. n. 127/2022 ;Cass. n. 3587/2021 ;Cass. n. 17403/2020 ;Cass. n. 13685/2019 ;Cass. n. 25584/2018 ;Cass. n. 826/2015 ; il medesimo principio è applicabile anche nell’ipotesi di inesatto o tardivo adempimento, v. da ultimo,Cass. n. 2554/2023 ).
1.2 Nel caso di specie, la stipulazione tra le parti di un contratto di appalto sottoscritto in data “02/08/2021” ma v. a pag. 3, prima linea “Montesegale (Pv) li 20 agosto 2021”, avente ad oggetto le opere di “Ristrutturazione rustico con fienile con cambio di destinazione d’uso in residenziale con contestuali opere di efficientamento energetico e riduzione del rischio sismico” dell’edificio rurale sito nel Comune di Montesegale (PV), località S.D., di proprietà di OMISSIS, … è provata in via documentale (cfr. doc. 2).
1.2 Parimenti, il versamento da parte dell’attore in favore della società convenuta dell’importo di Euro 25.643,09 a titolo di acconto sul corrispettivo pattuito (pari al 10% del prezzo complessivo, oltre IVA), a saldo della fattura n. (…) del 30.08.2021 emessa dalla OMISSIS, per le “opere strutturali” (cfr. doc. 11), risulta comprovato sia dall’ordine di bonifico del 08.09.2021 (cfr. doc. 12) che dal comportamento in concreto mantenuto dall’appaltatrice nel corso del rapporto, siccome desumibile dal carteggio intercorso tra il legale del committente e l’amministratore della società (cfr. doc. 13-21).
1.3 L’attore ha infatti allegato l’inadempimento della convenuta alle obbligazioni assunte con il contratto di appalto, che prevedeva l’inizio dei lavori entro il 30.08.2021 e la consegna dell’opera entro il 15.04.2022, salvo “cause di forza maggiore” ovvero “casi di sospensione comunicati dal D.L.” (art. 8 del contratto; cfr. doc. 2, pag. 6), affermando in particolare che l’appaltatrice, dopo preliminari accessi per l’allestimento del cantiere, non ha mai effettivamente eseguito le opere, nonostante avesse ricevuto l’acconto pari al 10% del prezzo complessivo, senza fornire al committente e al D.L. nominato alcuna seria giustificazione.
1.4 Invero, dinanzi alla diffida ad eseguire i lavori ovvero a restituire al committente l’importo di Euro 25.643,09 versato in acconto l’08.09.2021 (cfr. doc. 13: diffida ad adempiere del 04.05.2022), l’appaltatrice, in persona del suo amministratore p.t., senza contestare né l’evidente ritardo nell’avvio dei lavori, né il mancato accredito del suddetto importo a saldo della fattura n. (…), ha solamente riferito della “mancanza di acqua in cantiere” (cfr. doc. 13: email del 23.05.2022 dall’amministratore di OMISSIS, , prontamente ripristinata dal committente (cfr. doc. 14: email dell’Avv. Di Cicco del 30.05.2022), promettendo al contempo la conclusione dei lavori concordati “…in tempi brevi…”, che sarebbero stati in seguito comunicati.
1.5 Tuttavia, da parte della società convenuta agli atti risultano:
– una pec del 17.06.2022, a firma dell’amministratore p.t. OMISSIS, , con cui comunicava all’Avv. Vincenzo Di Cicco “che nella giornata di giovedì 24/ o venerdì 25 c.m. saremopresenti nello studio del Geometra OMISSIS, per il riesame della pratica del cantiere inoggetto. OMISSIS, Amministratore OMISSIS,, OMISSIS, s” (cfr. doc. 17); – altra pec del 09.08.2022, sempre a firma dell’amministratore p.t., in cui scriveva: “In riferimento alla Vs. ultima diffida ad adempiere. Come da mail precedenti siamo a confermarvi la nostra volontà nel procedere con i lavori di Montesegale solo se le cessioni del credito verranno (come da decreto) rinnovate SUPER BONUS 110%.
Abbiamo interpellato il Geom. Tes 1 che legge in copia, essendo in vacanza in questo periodo, fissando l’incontro per il 25-26 Agosto. Per rivedere il computo metrico dei lavori daeseguire. Attendo una vostra, Cordialità. OMISSIS,, OMISSIS, ” (cfr. doc. 19);
– ultima pec del 15.11.2023, la quale seguiva alla lettera di risoluzione del contratto per inadempimento del 14.11.2023 (cfr. doc. 20), in cui la società rispondeva:
“Buongiorno Avvocato, siamo a confermarVi l’incontro con la committenza e i tecnici per la definizionedi inizio lavori, per la prossima settimana. Vi aggiorneremo sull’incontro. OMISSIS, … ” (cfr. doc. 21).
1.6 A fronte di tale specifica allegazione e produzione documentale, gravava sulla convenuta l’onere di provare di avere esattamente adempiuto alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto ovvero che l’inadempimento sia dipeso da circostanze alla stessa non imputabili.
Tale onere non può ritenersi assolto nel caso di specie, in quanto la convenuta, rimasta contumace, ha omesso di fornire elementi in grado di dimostrare il proprio adempimento o di giustificare l’inadempimento alle obbligazioni contrattualmente assunte.
1.7 Inoltre, se è pur vero che alla contumacia non possa riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall’attore (arg. exart. 115 comma 1 c.p.c.), va nondimeno evidenziato che, in tema di produzione di copie fotostatiche e di riproduzioni informatiche, il principio di cui agliartt. 2712 e2719 c.c., secondo cui esse hanno la stessa efficacia probatoria degli originali se non sono espressamente disconosciute dalla parte contro la quale sono prodotte, opera anche nel caso di contumacia di quest’ultima (cfr.Cass. n. 14438/2006 ).
1.8 Compete in questa sede anche la valutazione della gravità dell’inadempimento, ai fini della risoluzione exart. 1453 ss c.c., che, quale questione di fatto, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (cfr.Cass. n. 12182/2020 ;Cass. n. 6401/2015 ). Al riguardo, la giurisprudenza osserva che il giudice deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione
dell’equilibrio contrattuale (v.Cass. n. 7187/2022 ;Cass. n. 8220/2021 ;Cass. n. 15052/2018 ;Cass. n. 10995/2015 ). Precisamente, la non scarsa importanza dell’inadempimento deve essere valutata avendo riguardo all’operazione complessiva sulla base di un duplice criterio (Cass. n. 4314/2016 ;Cass. n. 22346/2014 ;Cass. n. 21237/2012 ;Cass. n. 7083/2006 ;Cass. n. 5407/2006 ;Cass. n. 1773/2001 ;Cass. n. 3669/1995 ): in primo luogo, applicando un parametro oggettivo, il giudice del merito è chiamato a verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto, in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente, sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale (cfr.Cass. n. 6548/2010 ;Cass. n. 1708/2010 ;Cass. n. 3851/2008 ;Cass. n. 14034/2005 ); sotto altro profilo, complementare al primo, invece il giudicante deve considerare il comportamento mantenuto da entrambe le parti.
1.9 Ora, è del tutto evidente che la gravità dell’inadempimento può ritenersi anche implicita, ove a mancare siano le obbligazioni primarie ed essenziali del contratto (v.Cass. n. 22521/2011 ;Cass. n. 1227/2006 ), ossia l’esecuzione dell’opera a regola d’arte da parte dell’appaltatore. Nel caso in esame rileva anche il dedotto collegamento tra l’intervento edilizio affidato in appalto e l’accesso alle agevolazioni fiscali denominati, tra gli altri, “superbonus 110%” e “sismabonus” previste dalla normativa ratione temporis vigente per gli interventi di efficientamento energetico e miglioramento sismico prevista dagliartt. 119 e121 delD.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio) e s.m.i, il che rende del tutto comprensibile l’interesse del committente alla regolare e tempestiva esecuzione di quanto in oggetto. L’inadempimento deve quindi ritenersi acclarato.
1.10 Va accolta la domanda di risoluzione del contratto di appalto ai sensi dell’art. 1453 c.c., per grave inadempimento dell’appaltatrice. Poiché il contratto di appalto, anche nei casi in cui la sua esecuzione si protragga nel tempo, non può – in genere – considerarsi ad esecuzione continuata o periodica e, pertanto, non si sottrae alla regola generale, dettata dall’art. 1458 c.c., della piena retroattività di tutti gli effetti della risoluzione, anche in ordine alle prestazioni già eseguite (cfr. ex multisCass. n. 4225/2022 ;Cass. 3455/2015 ; Cass. 6181/2011 ;Cass. 8247/2009 ), la convenuta va perciò condannata alla restituzione, in favore dell’attore, dell’acconto di Euro 25.643,09, trattandosi di pagamento oramai privo di giustificazione causale in ragione dell’intervenuta risoluzione del contratto.
1.11 Su tale importo spettano altresì gli interessi al tasso legale di cui all’art. 1284 , comma 1, c.c. dal 14.11.2023 (data della domanda stragiudiziale di restituzione dell’indebito) al 29.02.2024 (data della domanda giudiziale) e al tasso maggiorato di cui all’art. 1284 , comma 4, c.c. dal 01.03.2024 al saldo effettivo, mancando la prova della mala fede dell’accipiens ai fini della decorrenza degli interessi legali dal
giorno del pagamento. Va in proposito ribadito il principio che, agli effetti dell’art. 2033 c.c., la mera condotta inadempiente della parte non può essere considerata, di per sé, dimostrazione della mala fede di quest’ultima (cfr.Cass. n. 3912/2018 ); la buona fede è, infatti, presunta per principio generale, sicché grava sul solvens, che intenda conseguire gli interessi dal giorno del pagamento, l’onere di dimostrare la malafede dell’accipiens all’atto della ricezione della somma non dovuta, quale consapevolezza della insussistenza di un suo diritto a conseguirla (cfr.Cass. n. 23448/2020 ;Cass n. 23543/2016 ).
2. Quanto alla domanda di risarcimento del danno da inadempimento, occorre preliminarmente ribadire quanto dalla Suprema Corte affermato in tema di riparto degli oneri probatori in materia di responsabilità contrattuale, secondo cui il creditore-danneggiato ha l’onere di dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto asseritamente inadempiente-debitore ed il danno di cui chiede il risarcimento, con la conseguenza che se, al termine dell’istruttoria, non risulti provato il nesso di causa del danno lamentato anche solo perché rimasto incerto, la domanda deve essere rigettata (cfr., ex aliis,Cass. n. 20707/2023 ;Cass.
n. 4009/2020 ;Cass. n. 29315/2017 ).
2.1 Nel caso di specie, l’attore ha dedotto che la mancata esecuzione dei lavori nei termini previsti dalla legge per poter usufruire del superbonus 110%, avrebbe avuto, quale ulteriore conseguenza, la perdita definitiva dell’agevolazione fiscale. In particolare, nell’atto di citazione (non seguito, poi, dal deposito di memorie integrative) ha affermato che “Tale perdita configura indubbiamente un danno patrimoniale per l’attore il quale nel far eseguire, nell’anno in corso, le opere di cui all’appalto non potrà più beneficiare del superbonus 110% valevole fino al 31/12/2023”, precisando che “Secondo la stima effettuata dalgeometra OMISSIS, in base ai costi preventivati per gli interventi di ristrutturazione di cui alcontratto d’appalto, il beneficio fiscale che il sig. OMISSIS, avrebbe potuto conseguire se i lavorifossero stati completati nel 2023, sarebbe stato pari ad Euro 193.865,21 sulle opere da realizzare ed Euro 29.523,18 sui compensi dei professionisti, per un totale di Euro 223.388,39 (doc. 22). Invece, il bonus ristrutturazione previsto dalla legge di bilancio 2024 di cui l’attore potrebbe usufruire per l’anno in corso, sarebbe pari al 50% su un tetto massimo di spesa di Euro 96.000,00 ovvero Euro 48.000,00, unico beneficio fiscale applicabile alla fattispecie, in quanto l’immobile in questione non costituisce l’abitazione principale dell’attore. Per cui, la società convenuta oltre a dover restituire le somme incassate a titolo di acconto, andrà condannata anche al risarcimento del danno patrimoniale subito dall’attore quantificato in Euro 185.388,39 quale quota percentuale non più detraibile che con l’esecuzione dei lavori rimarrebbe irrimediabilmente a suo carico” (cfr. pag. 7 della citazione).
2.2 La domanda risarcitoria risulta tuttavia infondata per i seguenti motivi.
2.3 In materia di bonus edilizi in genere e di risarcimento del danno al committente delle opere, la giurisprudenza di merito (v. tra le altre, Trib. Padova, sent. n. 2266/2023; Trib. Perugia sent. n. 1478/2024; Trib. Venezia n. 706/2024; Trib. Varese, sent. n. 1065/2024; Trib. Padova, sent. n. 1192/2024; Trib. Lodi, sent. n. 59/2025) – alla quale aderisce questo Giudice, in quanto supportata da motivazioni convincenti in diritto e condivisibili – opina nel senso che la mera scadenza del termine utile ad accedere al beneficio fiscale non determina in automatico un danno patrimoniale, ossia una perdita effettiva nella sfera patrimoniale del
committente-creditore della prestazione rimasta inadempiuta per fatto e colpa dell’appaltatore.
2.4 Non ammettendo il nostro ordinamento il risarcimento di danni “in re ipsa”, il committente è quindi onerato di provare non solo l’osservanza degli adempimenti e la sussistenza di tutti i requisiti soggettivi e tecnici richiesti dalla normativa per accedere al beneficio fiscale – in tesi – perduto in conseguenza dell’altrui
inadempimento, ma anche il nesso di causalità tra l’inadempimento dell’appaltatore e il danno patrimoniale subito, consistente nella impossibilità di ottenere (o conservare) il risparmio di spesa finale, sottoforma di agevolazione fiscale, in quanto ormai definitivamente perduto, totalmente o anche in misura parziale.
Nei precedenti giurisprudenziali sopra citati si richiede, ad esempio, la prova dell’impossibilità per il committente di reperire, in tempo utile allo scopo, altra impresa cui affidare l’esecuzione dei lavori originariamente appaltati al debitore inadempiente, ovvero la prova che, pur avendo affidato ad altra impresa l’esecuzione dei lavori, il committente abbia effettivamente sostenuto o dovrà certamente sostenere (essendosi assunto la relativa obbligazione), per la medesima opera, spese a titolo di corrispettivo in misura superiore a quelle che avrebbe sostenuto se, concorrendo l’agevolazione fiscale mediante cessione del credito d’imposta o lo sconto in fattura in luogo delle detrazioni fiscali, il primo appaltatore avesse puntualmente adempiuto l’obbligazione assunta.
2.5 Nel caso in esame, l’attore non ha provato (ed invero neppure dedotto) di essersi trovato nell’impossibilità di reperire altre imprese costruttrici in tempo utile a salvaguardare, in tutto o in parte, l’agevolazione fiscale prevista e prorogata nel tempo dalla legislazione sopravvenuta, né ha allegato e provato di essere (stato) nel possesso di tutti i requisiti (oggettivi, soggettivi e tecnici) richiesti dalla legge ratione temporis vigente per l’effettiva conseguibilità dello “sconto in fattura” de quo.
2.6 Inoltre, non è ravvisabile dagli atti alcun danno patrimoniale propriamente inteso, quale differenza tra il patrimonio attuale del committente ed il valore che tale patrimonio avrebbe avuto in assenza dell’inadempimento dell’appaltatrice, non essendo peraltro noto se l’attore ha poi dato corso alle medesime opere originariamente appaltate e se lo stesso ha sostenuto spese ulteriori in conseguenza del ritardo.
2.7 Non è dunque possibile sostenere che l’attore, a causa dell’inadempimento della società convenuta, ha subito una diminuzione della propria sfera patrimoniale, che risulta essere la medesima tanto prima quanto dopo l’illecito compiuto dall’appaltatrice.
2.8 Diverso sarebbe stato il caso in cui il ricorrente avesse allegato e provato l’esecuzione delle opere di ristrutturazione da parte di impresa terza, sostenendo costi superiori a quelli pattuiti con la convenuta, in ragione della perdita, in tutto o in parte, dei benefici fiscali di legge; ma così non è, come già osservato.
2.9 Il fatto che la legislazione attualmente vigente preveda bonus fiscali per percentuali minori ovvero requisiti più stringenti per il loro ottenimento non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un danno patrimoniale inteso come perdita di un risultato (il mancato risparmio economico), in quanto tale pregiudizio potrebbe ravvisarsi unicamente nel caso in cui l’attore avesse effettivamente incaricato terzi, sostenendo spese superiori rispetto al corrispettivo pattuito con la convenuta o, quantomeno, assunto l’obbligazione relativa al pagamento di un corrispettivo di maggiore importo. 2.10 Né peraltro può condividersi la quantificazione del danno operata dal tecnico Geom. OMISSIS, pari al differenziale tra il bonus fiscale (c.d. “superbonus 110”) asseritamente spettante al momento della conclusione dell’appalto oggetto di causa ed il bonus che spetterebbe attualmente se l’opera venisse appaltata a terzi a legislazione vigente. Il calcolo di tale differenziale risulta, infatti, ipotetico e inattendibile, in quanto effettuato sulla base del corrispettivo pattuito con la convenuta, mentre – come già osservato – avrebbe dovuto effettuarsi tenendo conto del corrispettivo richiesto da una nuova impresa appaltatrice o a questa anticipatamente versato, in misura asseritamente maggiore di quanto avrebbe altrimenti risparmiato; in tale contesto processuale, la CTU richiesta dall’attore avrebbe rivestito evidente carattere esplorativo.
2.11 Dalle esposte lacune assertive e probatorie (incapaci di essere superate dalla prova orale articolata sugli stessi fatti esposti in narrativa) deriva l’impossibilità di riconoscere il risarcimento del danno patrimoniale per la “perdita” asseritamente subita (danno emergente e lucro cessante), così come configurato e richiesto dall’attore nell’atto introduttivo e nelle conclusioni rassegnate in via principale.
2.12 Sotto altro e diverso profilo, non può invece ammettersi il danno da perdita di “chance” a contenuto patrimoniale, per l’assorbente considerazione che l’attore ha allegato tale tipo di danno solo – e per la prima volta – nella propria comparsa conclusionale (a pag. 7), dunque tardivamente.
2.13 A tale ultimo riguardo, deve richiamarsi l’orientamento consolidato della Suprema Corte, secondo cui la domanda risarcitoria del danno per la “perdita di chance” è, per l’oggetto, ontologicamente diversa dalla pretesa di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato, il quale si sostanzia nell’impossibilità di realizzarlo, caratterizzata da incertezza (non causale, ma) eventistica.
In particolare, la “chance”, quale concreta ed effettiva (e non meramente potenziale) occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto bensì un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (v.Cass. n. 12211/2015 ). La lesione o la perdita della “chance” (e cioè la compromissione o la perdita della possibilità di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza: v.Cass. n. 4400/2004 ) determina (come sostenuto anche dalla migliore dottrina) un risarcibile danno non già (ipotetico ed eventuale) futuro (nel qual senso v. peraltro Cass. n. 2737/2015 ;Cass. n. 10111/2008 ) bensì concreto ed attuale (v.Cass. n. 4400/2004 cit.;Cass. n. 11340/1998 ;Cass. n. 2167/1996 ; Cass. n. 6506/1985), in proiezione futura (v.Cass. n. 12211/2015 cit.;Cass. n. 7195/2014).
2.14 A tale stregua, la domanda di relativo ristoro è ontologicamente diversa da quella di risarcimento del danno da mancato conseguimento del risultato sperato, sicché, è da ritenersi nuova e, dunque, inammissibile la domanda risarcitoria per perdita di “chance” avanzata per la prima volta in appello (cfr., tra le altre,Cass. n. 25886/2022 ).
2.15 Né, del resto, è concludente per assumerne la tempestività e, dunque, l’ammissibilità della domanda risarcitoria l’aver sostenuto la configurazione del danno in termini di “chance” solo in comparsa conclusionale, giacché, nella vigenza del regime giuridico delle preclusioni nel rito ordinario, la novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti, in virtù del principio secondo cui il “thema decidendum” è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti (exart. 183 c.p.c., oggi per buona parte anticipato alla prima memoria exart. 171-ter c.p.c. dalD.Lgs. n. 149 del 2022 , c.d. riforma C.), con la conseguenza della inammissibilità della domanda nuova (v.Cass. n. 4318/2016 ;Cass. n. 13769/2017 ;Cass. n. 24040/2019 ).
3. Le spese di lite seguono la soccombenza della parte rimasta contumace (cfr.Cass. n. 28700/2023 ) e sono liquidate come nel dispositivo, secondo i parametri dettati dalD.M. n. 55 del 2014 , come mod. dalD.M. n. 147 del 2022 .
3.1 Per la liquidazione si tiene conto del valore corrispondente alla somma attribuita, determinato dal criterio del “decisum” exart. 5 , primo comma, quarto periodo, delD.M. n. 55 del 2014 (cfr.Cass. n. 30999/2023 ), ma tenendo conto: – che calcolando l’importo comprensivo di interessi legali, si eccede, sia pur di pochissimo, il limite di Euro 26.000,00 di cui al secondo scaglione di riferimento;
– che il giudizio non poneva alcuna seria difficoltà giuridica, né richiedeva competenze particolari;
– che l’attore non ha depositato le memorie exart. 171-ter c.p.c. e l’istruttoria è consistita unicamente nel deposito di documenti offerti in comunicazione con l’atto di citazione.
3.2 Tali circostanze giustificano la liquidazione dei compensi in misura pari ai medi tabellari per le fasi di studio e introduttiva, ai minimi tabellari per la fase decisionale, mentre va esclusa la fase istruttoria/trattazione (peraltro non richiesta neanche nella nota exart. 75 disp. att. c.p.c.), perché non concretamente svolta.

P.Q.M.

Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione inammissibile o disattesa o assorbita come in parte motiva, così dispone:
– dichiara la risoluzione del contratto di appalto stipulato da OMISSIS, e … OMISSIS, in data 02.08.2021, per grave inadempimento dell’appaltatrice;
– per l’effetto, condanna OMISSIS, alla restituzione, in favore di OMISSIS, … della somma di Euro 25.643,09, oltre interessi legali al tasso di cui all’art. 1284 , comma 1, c.c. dal 14.11.2023 al 29.02.2024 e al tasso maggiorato di cui all’art. 1284 , comma 4, c.c. dal 01.03.2024 fino al saldo;
– rigetta la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da perdita
dell’agevolazione fiscale, in quanto infondata;
– condanna la parte convenuta soccombente al rimborso delle spese di lite in favore della parte attrice vittoriosa, che si liquidano in Euro 786,00 per spese esenti, Euro 4.358,00 per compensi (di cui: Euro 1.701,00 fase studio, Euro 1.204,00 fase intr., Euro 1.453,00 fase dec.), oltre al 15 % a titolo di rimborso forfetario spese generali, IVA e CPA come per legge.

Conclusione
Così deciso in Pavia, il 17 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2025.

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