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Amministratore condominiale Immobili, Condominio e Locazioni

Condominio: se un condòmino si allontana dall’assemblea va considerato assente (Cass. 4191/24)

LA VICENDA

Tizio (delegato da altra condomina) pur avendo partecipato all’assemblea condominiale, prima dell’adozione della delibera assembleare sugli specifici punti fissati all’ordine del giorno oggetto dell’impugnativa, si allontanava dal locale in cui si stava svolgendo l’assemblea, facendo verbalizzare tale sua volontà e non partecipando alla conseguente votazione.

SECONDO GLI ERMELLINI…

a differenza dei Giudici di primo e secondo grado, detto delegato andava considerato propriamente “assente” all’atto dell’adozione della delibera concernente i punti previsti all’ordine del giorno, ragion per cui il termine per impugnarla non si sarebbe potuto considerare decorrente dallo stesso giorno di assunzione della delibera.

Infatti, non poteva attribuirsi alcun rilievo all’avvenuta possibile percezione di quanto deliberato da parte del suddetto delegato che si era portato fuori dal luogo in cui si stava tenendo l’assemblea, essendosi dallo stesso volontariamente allontanato e facendo prendere atto di ciò con annotazione a verbale, non intendendo partecipare alla votazione.

Ed invero sempre secondo la Suprema Corte (cfr., ad es., Cass. n. 1208/1999) solo il momento della votazione determina la fusione delle volontà dei singoli condomini formative dell’atto collegiale.

CONCLUDENDO…

Qualora un condomino ad un certo punto – nel corso della celebrazione di un’assemblea condominiale – si allontani e tale circostanza viene fatta annotare sul verbale, se è incontrovertibile che l’allontanamento non incide sui “quorum costitutivi” (che devono sussistere al momento iniziale), tale circostanza incide, altrettanto indiscutibilmente, su quelli deliberativi relativamente ai singoli punti all’ordine del giorno (nonché sui diritti dei distinti condomini) rispetto ai quali il singolo o più condomini abbiano deciso di non prendere parte alla discussione e alla conseguente delibera, e, quindi, di non partecipare alla votazione, rimanendo del tutto irrilevante la possibile udibilità dall’esterno, da parte dei condomini preventivamente allontanatisi del locale di svolgimento dell’assemblea delle determinazioni che la stessa ha inteso adottare in proposito.

Di conseguenza, il termine di 30 giorni previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c. per l’impugnazione delle delibere assembleari annullabili non può farsi coincidere come “dies a quo” – per il condomino (nel caso di specie rappresentato dal delegato) allontanatosi volontariamente dal luogo di svolgimento dell’assemblea, con relativa presa d’atto a verbale, senza partecipare quindi alla votazione – con quello del giorno di adozione della delibera stessa.

L’ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. II, Ordinanza del 15/02/2024, n. 4191

(omissis)

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione notificato il 29 novembre 2013, A.A. impugnava la delibera adottata in data 15 ottobre 2013 dall’assemblea del Condominio di v. Ma. n. 96 di B, che conveniva dinanzi al Tribunale di Bologna, per sentir dichiarare la nullità o l’annullabilità di detta delibera limitatamente all’approvazione dei punti nn. 2 e 4 fissati all’ordine del giorno, riguardanti, rispettivamente, la nuova regolamentazione d’uso degli spazi condominiali con particolare riferimento a quelli riferiti alle aree per parcheggio e alla nomina dell’amministratore condominiale.

Nella costituzione del citato Condominio, l’adito Tribunale dichiarava, con sentenza n. 1288/2015, l’inammissibilità della domanda – relativa all’impugnazione della citata deliberazione assembleare da qualificarsi annullabile e non nulla – siccome tardiva, rilevando il mancato rispetto del termine di cui all’art. 1137, comma 2, c.c.

2. Decidendo sul gravame interposto dalla suddetta attrice, cui resisteva lo stesso Condominio, la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 2389/2020, lo rigettava, confermando la sentenza impugnata e regolando le spese del grado in base al principio della soccombenza.

La predetta Corte territoriale, disattesa la pregiudiziale eccezione di inammissibilità dell’atto di appello per asserita violazione dell’art. 342 c.p.c., condivideva la statuizione di primo grado, sostenendo che – avuto riguardo alla natura della delibera impugnata relativamente ai due su indicati punti riportati all’ordine del giorno – la stessa non potesse incorrere nella sanzione della nullità, ma soltanto, ove la relativa impugnativa fosse risultata fondata, in quella dell’annullabilità. Pertanto, sulla base di questo presupposto, la Corte felsinea, previo accertamento che l’atto di citazione di impugnazione della medesima delibera relativa ai due suindicati punti inseriti nell’ordine del giorno era stato notificato oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c. da considerarsi decorrente dal giorno stesso della sua adozione, la relativa impugnativa si sarebbe dovuta ritenere inammissibile.

A tal proposito, il giudice di secondo grado, al fine della valutazione della decorrenza del “dies a quo” del relativo termine perentorio di trenta giorni per proporre l’impugnativa, rilevava, infatti, che esso dovesse partire dallo stesso giorno in cui la delibera in oggetto fu approvata (ossia il 15 ottobre 2013), posto che B.B.(quale delegato dalla figlia A.A. a partecipare alla riunione), presente al momento dell’inizio della celebrazione dell’assemblea, l’aveva, poi, solo formalmente abbandonata non partecipando al voto “ma assistendo ad essa sulla soglia della porta così prendendo coscienza di quanto accaduto e quindi deciso dall’organo collettivo” (per cui più che di assenza si sarebbe dovuto parlare di mancata partecipazione alla formazione della volontà dell’assemblea stessa, la cui condotta era perciò riconducibile ad una “sostanziale astensione”), onde l’impugnativa formulata successivamente dall’A.A. con l’atto di citazione notificato nella menzionata data del 29 novembre 2013 si doveva ritenere tardiva e, quindi, inammissibile.

La Corte di appello aggiungeva, poi, che non poteva sortire alcuna rilevanza favorevole per l’appellante il contenuto formale del verbale, avendo affermato “lapidariamente” nell’atto introduttivo del giudizio che il suo delegato aveva abbandonato solo formalmente l’assemblea al fine di non far confluire i propri millesimi nel conteggio delle varie maggioranze e avendo descritto puntualmente dei particolari che solo con la presenza potevano essere riferiti.

3. Contro la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, l’A.A., resistita con controricorso dall’intimato Condominio.

I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1137, 1120, 1102, 1131 e 1108 c.c.

L’A.A. deduce che il termine perentorio di 30 giorni – stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c. – per impugnare la delibera in questione riguardanti i punti n. 2 e 4 stabiliti nell’ordine del giorno si sarebbe dovuto far decorrere dalla comunicazione del verbale dell’assemblea, non potendosi farlo decorrere dalla data coincidente con lo stesso giorno dell’adozione della delibera, dal momento che – a quest’ultimo riguardo – non avrebbe potuto conferirsi rilievo alla circostanza che il delegato (A.A. B.B.) formalmente dalla stessa incaricato si era allontanato dal luogo in cui si svolgeva l’assemblea e che – secondo la sentenza oggetto di ricorso – non aveva, tuttavia, impedito al medesimo, stazionando nel pressi dell’inerente locale, di ascoltare e, quindi, recepire l’esito del voto (conseguente alla discussione svoltasi sui predetti punti 2) e 4) dell’ordine del giorno), pur non avendo partecipato alla inerente discussione né alla correlata votazione.

2. Con la seconda censura, la ricorrente lamenta – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1131 c.c. e dell’art. 1108 c.c. sulla parola “regolamentazione” d’uso degli spazi condominiali e con un evidente errore di ermeneutica, oltre alla violazione dell’art. 182 c.p.c., per non essersi dotato l’amministratore del condominio dell’autorizzazione, da parte dell’assemblea, a costituirsi nel giudizio conseguente alla proposta impugnativa, poiché gli oggetti delle delibera impugnata esulavano dai limiti delle sue funzioni di cui all’art. 1130 c.c.

3. Con la terza doglianza, la ricorrente lamenta – avuto riguardo all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. – la nullità della sentenza conseguente alla violazione degli artt. 1136 c.c. e 182 c.p.c., dovendosi considerare nulla la delibera dell’assemblea condominiale relativa ai citati punti 2 e 4 dell’ordine del giorno, in base ai voti espressi.

4. Con il quarto mezzo, la ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 c.c., non essendo stata raggiunta per la nomina dell’amministratore – con la delibera riguardante il punto n. 4 all’ordine del giorno – la quota dei 500 millesimi più uno.

5. Con il quinto motivo, la ricorrente deduce – in relazione all’art. 350, comma 1, n. 5, c.p.c. – la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. per omesso riferimento alla sua mancata presenza all’atto della manifestazione del voto con riferimento alla impugnata delibera circa le determinazioni raggiunte con riguardo ai punti 2, 3 e 4 dell’ordine del giorno, configurandosi questa circostanza come fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti.

6. Con la sesta ed ultima censura, la ricorrente lamenta – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. per aver la Corte di appello trascurato le risultanze del verbale di assemblea nel quale la stessa risultava come assente all’atto della votazione sia per la delibera sul punto 2 che sul punto 4 all’ordine del giorno e che, pertanto, “da una regolarità logica”, la sua presenza difettasse anche nel momento della votazione sul punto n. 3 dello stesso ordine di elencazione delle questioni portate all’esame dell’assemblea.

7. Osserva, in primo luogo, il collegio che va ritenuta l’irrilevanza della sopravvenuta sentenza n. 2463/2022 della Corte di appello di Bologna (asserita come passata in giudicato), depositata ai sensi dell’art. 372 c.p.c. dalla ricorrente, in base alla quale, per effetto della dichiarata nullità di una successiva delibera condominiale dell’8 maggio 2019 (ed avuto riguardo specificamente al punto n. 4C), l’A.A. sostiene che si dovrebbe considerare travolta nei suoi effetti anche la precedente delibera del 15 ottobre 2013, costituente oggetto specifico dell’impugnativa esperita dalla medesima nel giudizio definito in secondo grado con la sentenza della stessa Corte di appello n. 2389/2020, qui impugnata.

Infatti, al di là della non perfetta coincidenza soggettiva tra le parti del primo e del secondo giudizio (risultando essersi costituito in quello deciso con la sentenza della Corte emiliana n. 2463/2022 anche B.B., in proprio, unitamente all’A.A.), la sopravvenuta citata sentenza del 2022 attiene all’impugnativa di una diversa delibera e nel suo contenuto non si fa menzione a quella oggetto del presente ricorso né si pone riferimento alla causa iscritta in secondo grado al n.rg. 2852/2015 (bensì ad altri giudizi iscritti ai nn. rg. 1856/2015 e 2084/2015), a nulla rilevando – come si allega nella memoria – che nell’impugnato verbale della delibera dell’8 maggio 2019 (di presunta ratifica in essa contenuta a proposito di alcune cause pendenti tra le parti) si indicasse anche la controversia iscritta al citato n. rg. 2852/2015, definita con la sentenza oggetto del presente giudizio di cassazione.

Ciò che fa stato, ai fini dell’eventuale opponibilità od operatività dell’efficacia di un pregresso o sopravvenuto giudicato, è il “dictum” della relativa sentenza, il cui “decisum” copra – sul piano soggettivo ed oggettivo – quello della pronuncia che si intenderebbe ritenere condizionata dal giudicato stesso, evenienza, questa, che non si è venuta a verificare – per quanto evidenziato – nel caso in questione.

8. Occorre, perciò passare alla disamina dei motivi formulati con il ricorso proposto dall’A.A.

Il primo motivo (del ricorso, ammissibile in tutta la sua articolazione, risultando inequivocamente rispettati tutti i requisiti previsti dal comma 1 dell’art. 366 c.p.c.) è fondato.

È pacifico – in punto di fatto – che il delegato (B.B.) dell’odierna ricorrente, pur avendo partecipato all’assemblea condominiale in data 15 ottobre 2013, prima dell’adozione della delibera assembleare sugli specifici punti fissati all’ordine del giorno indicati con i nn. 2 e 4, oggetto dell’impugnativa, si era allontanato dal locale in cui si stava svolgendo l’assemblea, manifestando tale sua volontà e non partecipando alla conseguente votazione.

Pertanto, detto delegato andava considerato propriamente “assente” all’atto dell’adozione della delibera concernente i due richiamati punti previsti all’ordine del giorno, ragion per cui il termine per impugnarla non si sarebbe potuto considerare decorrente dallo stesso giorno di assunzione della delibera, come invece erroneamente rilevato dalla Corte di appello.

Infatti, diversamente da quanto opinato dal giudice di secondo grado (oltretutto in conformità all’avviso di quello di prime cure), non avrebbe dovuto attribuirsi alcun rilievo all’avvenuta possibile percezione di quanto deliberato da parte del suddetto delegato dalla condomina A.A. che si era portato fuori dal luogo in cui si stava tenendo l’assemblea, essendosi dallo stesso volontariamente allontanato e facendo prendere atto di ciò con annotazione a verbale, non intendendo partecipare alla votazione, ragion per cui avrebbe dovuto essere considerato legittimamente come assente, senza che, in virtù di tale situazione, potesse venirsi a configurarsi – come creativamente sostenuto dalla Corte di appello – un fenomeno di “sostanziale astensione” del medesimo delegato rispetto alla intervenuta delibera assembleare (e, quindi, ritenerlo, illogicamente, presente “fittiziamente” e partecipante alla votazione, considerandolo come astenuto).

La giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 1208/1999) ha, anzi, stabilito che, in tema di condominio di edifici, ai fini del calcolo delle maggioranze prescritte dall’art. 1136 c.c. per l’approvazione delle delibere assembleari, non si può neanche tener conto dell’adesione espressa dal condomino che si sia allontanato prima della votazione dichiarando di accettare la decisione della maggioranza, perché solo il momento della votazione determina la fusione delle volontà dei singoli condomini formative dell’atto collegiale (precisandosi che nemmeno la eventuale conferma dell’adesione alla deliberazione, data dal condomino successivamente all’adozione della stessa, può valere, nella predetta ipotesi, come sanatoria della eventuale invalidità della delibera, dovuta al venir meno, per le predette ragioni, del richiesto ” quorum deliberativo “, potendo, se mai, tale conferma avere solo il valore di rinuncia a dedurre la invalidità, senza che sia, peraltro, preclusa agli altri condomini la possibilità di impugnazione).

Insomma, qualora un condomino ad un certo punto – nel corso della celebrazione di un’assemblea condominiale – si allontani e tale circostanza viene fatta annotare sul verbale, se è incontrovertibile che l’allontanamento non incide sui “quorum costitutivi” (che devono sussistere al momento iniziale), tale circostanza incide, altrettanto indiscutibilmente, su quelli deliberativi relativamente ai singoli punti all’ordine del giorno (nonché sui diritti dei distinti condomini) rispetto ai quali il singolo o più condomini abbiano deciso di non prendere parte alla discussione e alla conseguente delibera, e, quindi, di non partecipare alla votazione, rimanendo del tutto irrilevante la possibile udibilità dall’esterno, da parte dei condomini preventivamente allontanatisi del locale di svolgimento dell’assemblea delle determinazioni che la stessa ha inteso adottare in proposito.

Di conseguenza, il termine di 30 giorni previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c. per l’impugnazione delle delibere assembleari annullabili non può farsi coincidere come “dies a quo” – per il condomino (nel caso di specie rappresentato dal delegato) allontanatosi volontariamente dal luogo di svolgimento dell’assemblea, con relativa presa d’atto a verbale, senza partecipare quindi alla votazione – con quello del giorno di adozione della delibera stessa sui punti all’ordine del giorno rispetto alla cui discussione e deliberazione il condomino allontanatosi non ha voluto partecipare, dovendosi, a tutti gli effetti, quest’ultimo considerarsi assente (rimanendo, per quanto in precedenza evidenziato, irrilevante la possibile “udibilità” da parte di detto condomino, postosi all’esterno dei locali in cui si tiene la riunione, della delibera presa dall’assemblea sui relativi argomenti).

A tale principio di diritto dovrà uniformarsi il giudice di rinvio, per effetto del quale – nel caso di specie – la Corte di appello avrebbe dovuto far legittimamente decorrere il suddetto termine, nei confronti della condomina A.A. rimasta – a mezzo del suo delegato – “assente”, da quello successivo della ricevuta comunicazione, da parte della stessa, del verbale contenente la delibera eventualmente annullabile, ove eseguita, non potendo – in mancanza – nemmeno considerarsi iniziato a decorrere (da cui deriverebbe la tempestività, in ogni caso, dell’impugnativa effettuata dall’A.A. con la proposizione dell’atto di citazione notificato il 29 novembre 2013, restando, comunque, demandato al giudice di rinvio – se, eventualmente, si fosse provveduto a tale comunicazione – rivalutare, di conseguenza, la tempestività o meno dell’impugnativa della delibera assembleare, con riferimento all’individuazione del “dies a quo” in rapporto al momento di introduzione del giudizio e, in caso di accertato avvenuto rispetto, decidere sul merito dell’impugnativa stessa).

9. In definitiva, va accolto il primo motivo, con conseguente assorbimento degli altri.

Da ciò deriva la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi al su enunciato principio di diritto, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione.

Conclusione

Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, in data 31 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2024.

 

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