Se l’immobile venduto come abitativo è consegnato senza abitabilità e ancora occupato, l’acquirente può rifiutare il saldo: lo conferma la Cassazione
LA VICENDA
Un immobile promesso come abitativo viene consegnato ancora diviso in unità commerciali, occupato da un conduttore e privo di abitabilità. Il compratore rifiuta il saldo. La Cassazione afferma che tale rifiuto è legittimo, poiché il venditore si era obbligato a ottenere il cambio d’uso e garantire l’abitabilità, requisito essenziale nella vendita di immobili abitativi.
IL PRINCIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE
Nella vendita di immobili a uso abitativo, il mancato possesso del certificato di abitabilità può giustificare il rifiuto di adempiere da parte dell’acquirente. Il venditore è tenuto a consegnare tale certificato, che rappresenta un documento essenziale ai sensi dell’art. 1477, comma terzo, c.c. La sua mancanza può configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio, qualora le difformità riscontrate non siano sanabili oppure un vizio contrattuale con conseguente responsabilità risarcitoria del venditore se l’inadempimento non risulti grave.
L’ORDINANZA
Cassazione civile, Sezione II, Ordinanza del 05/08/2025, n. 22651
(Omissis)
Svolgimento del processo
1. B.B. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da C.C. per il pagamento del saldo del prezzo della vendita di un immobile sito in M, pari ad Euro 30.000,00.
L’opponente aveva eccepito che il venditore avrebbe dovuto consegnare un unico immobile ad uso abitativo, ma che, all’atto dell’immissione in possesso, il bene era privo di licenza di abitabilità, risultava ancora diviso in due porzioni autonome ad uso commerciale ed era occupato dal conduttore.
Il Tribunale ha respinto l’opposizione, con sentenza confermata in appello.
La Corte di Roma ha ritenuto esigibile il saldo del prezzo sul rilievo che l’acquirente era a conoscenza dello stato urbanistico ed edilizio dell’immobile, compiutamente descritto nel rogito di acquisto, oltre che della presenza del conduttore in una delle due unità, reputando che il mancato rilascio del certificato di abitabilità fosse imputabile all’acquirente, non avendo questi presentato la documentazione necessaria.
Avverso la sentenza hanno proposto autonomi ricorsi, A.A., erede di C.C., e B.B., A.A. e C.C. hanno notificato controricorso. In prossimità dell’adunanza camerale, quest’ultima ha depositato una memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Deve disporsi la riunione dei ricorsi poiché proposti contro la medesima sentenza.
Il ricorso di Gianbattista Spadaro, notificato per primo, ha natura di impugnazione principale, il ricorso successivo ha natura incidentale.
2. Il ricorso principale indirizzato nei confronti di C.C. è infondato.
La resistente, sorella di D.D., pur avendo accettato l’eredità, non poteva essere evocata in cassazione quale erede legittima dell’originario convenuto.
Tale qualifica competeva a A.A., figlio dell’originario convenuto deceduto ab intestato; in mancanza di un testamento che avesse istituito erede C.C., quest’ultima, ai sensi dell’ c.c., non aveva titolo a partecipare alla successione e non era parte del rapporto controverso.
3. Il primo motivo del ricorso principale deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e vizio di motivazione, per aver la Corte di merito non considerato che le parti avevano concordato il trasferimento di un unico immobile a destinazione abitativa con categoria catastale A2 e che, al momento della consegna, il bene risultava ancora suddiviso in due unità con destinazione commerciale ed era privo della licenza di abitabilità. Era irrilevante che l’acquirente fosse edotto che il bene era occupato dal conduttore, come invece sostenuto dal giudice di merito, poiché la controparte si era obbligata a consegnare il bene libero da cose e persone. Il secondo motivo deduce la violazione dell’ comma 1-bis .
Si lamenta che, tramite le indicazioni contenute nell’art. 6 del rogito di acquisto, l’acquirente non era in condizione di verificare la conformità catastale oggettiva del bene, dovendo il venditore dichiarare e garantire che la situazione di fatto fosse conforme a quella risultante dalle planimetrie depositate al catasto. Il terzo motivo deduce la violazione degli e , comma 1, c.c., per aver la Corte d’Appello omesso di considerare che il venditore aveva trasferito un bene totalmente diverso da quello promesso, configurandosi un’ipotesi di vendita di aliud pro alio.
Il quarto motivo deduce la violazione dell’, comma 2, c.c., lamentando che la Corte d’Appello abbia escluso l’inadempimento del venditore pur avendo questi omesso di consegnare il certificato di abitabilità, non avendo completato i lavori finalizzati a realizzare un’unica unità abitativa.
Il quinto motivo denuncia l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo.
Si contesta alla pronuncia di aver affermato che il venditore si era obbligato a presentare la dichiarazione di inizio attività ma non anche a realizzare i lavori necessari per modificare la destinazione dell’immobile, sebbene tale obbligo fosse stato formalizzato sia nel preliminare, sia nel successivo contratto di vendita.
4. I motivi primo, terzo, quarto e quinto possono essere esaminati congiuntamente e vanno accolti per le ragioni che seguono. Le restanti censure sono assorbite. Non è controverso tra le parti che l’immobile compravenduto si presentasse, alla consegna, ancora diviso in due porzioni con destinazione commerciale, fosse parzialmente occupato dal conduttore e che non fosse stato rilasciato il certificato di abitabilità. Nell’atto di acquisto del 13.5.2009, (art. 6) il bene era descritto non come composto da due porzioni autonome con destinazione commerciale, ma come unica unità abitativa censita al catasto fabbricati, categoria A/2, classe 7, part. 118, sub 8, nella configurazione che doveva acquisire per effetto dell’accorpamento dei subalterni 51 e 52 giusta denuncia di variazione, “nello stato di fatto (individuato nella planimetria allegata al rogito), successivo ai lavori di cui alla DIA”.
La descritta condizione oggettiva e giuridica del bene, ancora diviso al momento del rogito in due porzioni non abitabili, non esonerava il venditore dal porre in essere per tempo le necessarie modifiche strutturali per le quali aveva dato atto di aver presentato una Dia per cambio di destinazione d’uso ad abitativo e per fusione in data 13.3.2009, due mesi prima del contratto; anche nel preliminare del 23.3.2009 era specificato che l’unità immobiliare era “in corso di destinazione per civile abitazione”.
La Corte di merito avrebbe, quindi, dovuto considerare che il venditore si era obbligato alla consegna di un unico immobile, il che richiedeva la previa unificazione materiale delle due unità preesistenti, come da dichiarazione di inizio attività del marzo 2003 menzionata nel rogito, e a conseguire il mutamento di destinazione d’uso, essendone esonerato solo qualora il ricorrente avesse rinunciato all’abitabilità o si fosse fatto personalmente fatto carico dei relativi adempimenti, restando irrilevante che questi fosse a conoscenza della mancanza della relativa certificazione (; ).
Nella vendita di immobili ad uso abitativo l’abitabilità è requisito indispensabile poiché incide sull’attitudine del bene a realizzare gli interessi perseguiti dai contraenti, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità.
Il certificato che ne attesti la sussistenza rientra tra i documenti che il venditore è, perciò, tenuto a consegnare ai sensi dell’, comma terzo, c.c. e non può essere surrogato dal possesso del certificato per la destinazione dell’immobile ad uso ufficio (Cass. 9253/2006). La sua mancanza può giustificare il rifiuto di adempiere, dovendo il giudice accertare se si configuri un’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” qualora le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili, un vizio contrattuale per mancanza di qualità essenziali qualora le difformità riscontrate siano sanabili, o se l’inadempimento risulti non grave, fonte di esclusiva responsabilità risarcitoria del venditore, qualora la mancanza della certificazione sia ascrivibile a semplice ritardo nella conclusione della relativa pratica amministrativa ().
Gravava sulla società resistente anche l’obbligo di immettere l’acquirente nel possesso del bene, essendo il pagamento del saldo subordinato allo sfratto del conduttore a cura e spese del venditore, come esplicitamente previsto dal contratto (art. 3, pag. 4 del rogito); permanendo l’occupazione del bene, l’acquirente era legittimato, anche solo per tale ragione, a rifiutare il pagamento ().
5. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli comma 1 n. 2) e comma 2 c.p.c., per aver la Corte di merito omesso di dar conto dell’intervento in causa di A.A., che, con comparsa di costituzione ai fini della prosecuzione del giudizio ex e c.p.c., aveva documentato la sua qualità di erede legittimo di C.C.
Il motivo è infondato.
Va data continuità al principio secondo cui l’omessa indicazione, nell’intestazione, motivazione o dispositivo della sentenza, della parte deceduta nel corso del processo in luogo degli eredi costituitisi successivamente in giudizio, non determina la nullità della pronunzia, ma si risolve in un errore materiale, suscettibile di correzione con la procedura prevista dagli e c.p.c., poiché non incide sulla ratio e sul contenuto della decisione, né sulla identificazione dei soggetti del rapporto processuale (Cass. 3211/1979; Cass. 5662/1984; Cass. 364/1981; Cass. 28312/2002; Cass. 504/2006).
In conclusione sono accolti i motivi primo, terzo, quarto e quinto del ricorso principale nei confronti di A.A., è assorbito il secondo, sono respinti il ricorso verso C.C. nonché l’unico motivo del ricorso incidentale. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà alla regolazione delle spese di lite nei rapporti tra il ricorrente principale e quello incidentale. Le restanti spese sono compensate integralmente, poiché C.C. aveva accettato con beneficio di inventario l’eredità del fratello, risultando apparentemente legittimata a partecipare al processo, mentre non consta che il ricorrente principale fosse a conoscenza che il de cuius era deceduto ab intestato.
P.Q.M.
accoglie i motivi primo, terzo, quarto e quinto del ricorso principale verso A.A., dichiara assorbito il secondo, rigetta il ricorso proposto nei confronti di C.C. e l’unico motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità, ad eccezione di quelle tra il ricorrente principale ed C.C., che sono integralmente compensate.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di cassazione, in data 5 giugno 2025.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2025.
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