Titolo

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Danno da cose in custodia Giurisprudenza Patavina-Tribunale

La responsabilità discende dal mero rapporto di custodia

Tribunale di Padova, Giudice Dott. Bordon, Sentenza del 13 maggio 2015

Il Giudice patavino al punto 6 della sentenza svolge un’incisiva e precisa analisi dell’art. 2051 c.c.: “La Corte di Cassazione ha evidenziato che non ha rilievo agli effetti dell’art. 2051 c.c. la distinzione tra cose pericolose ed inerti, ben potendo anche queste ultime inserirsi in un complesso causale, produttivo di danno, in ordine al quale il legislatore ha inteso apprestare a favore del danneggiato una tutela rafforzata (cfr. Cass., sez. III, 5.12.08, n. 28811; Cass., sez. III 4.8.2005 n. 16373). Secondo il dominante orientamento giurisprudenziale la responsabilità per il danno cagionato da cose in custodia si fonda non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa. Ciò significa che solo il “fatto della cosa” è rilevante (e non il fatto dell’uomo) e che la responsabilità discende dal mero rapporto di custodia. L’unico limite è costituito dall’esistenza del caso fortuito, con la precisazione che detto limite non si identifica con l’assenza di colpa. Si tratta, quindi, di una responsabilità oggettiva. La diligenza del custode, se non è provato il fortuito, non è sufficiente per escludere la sua responsabilità (v. Cass., sez. III, 25.7.08, n. 20427).

Molto interessante anche il giudizio di attendibilità dei testi escussi nel corso del processo e su cui il Giudice ha ritenuto di esprimersi. L’esito positivo di questa valutazione non è ancora un giudizio sulla verità del fatto posto ad oggetto della testimonianza, ma un giudizio circa la possibilità di usare la testimonianza come strumento per accertare quel fatto. Se l’esito della valutazione di credibilità è negativo, l’ovvia conseguenza è che la prova viene considerata inutilizzabile ai fini dell’accertamento dei fatti

In ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale, il Dott. Bordon precisa che “devono applicarsi le Tabelle del Tribunale di Milano 2014, a cui è stata riconosciuta una vocazione nazionale da un’importante pronuncia di legittimità (Cass., sez. III, 7.6.11, n. 12408, Amatucci), utilizzate dall’ufficio giudiziario di Padova fin dal novembre 2009. Nessuna (altra) tabella legislativa è prevista per illeciti del genere di quello di cui di discute e la tabella dell’art. 139 C.d.A. non è applicabile al di fuori dei casi espressamente previsti.

La sentenza integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DÌ PADOVA

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico Dott. Gianluca Bordon ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I° Grado iscritta al ruolo al n. 7442/2011 R.G., promossa da R. G. (c.f.: ***), difesa dall’avvocato domiciliatario CLAUDIO CALVELLO con studio in VIA PREVITALI, 30, ABANO TERME

attore

contro

CASA DI CURA ABANO TERME POLISPECIALISTICA E TERMALE S.P.A. (c.f.: ***), difesa dall’avvocato domiciliatario ***, con studio in VIA *** PADOVA

convenuto

OGGETTO: Responsabilità ex artt. 2049 – 2051 – 2052 c.c.

CONCLUSIONI DELL’ATTORE: voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta: – accogliere la domanda attorea e, per l’effetto, nel merito: visto l’esito della prova testimoniale, nonché dell’espletata ctu, in ordine alla quale si aderisce, dichiarare la responsabilità della Casa di Cura di Abano Terme S.p.A., ex art. 2051 c.c. o, in subordine ex art. 2043 c.c. e conseguentemente condannare la stessa – in persona del legale rappresentante pro tempore – al pagamento a favore della Sig.ra G. R. della somma complessiva di € 19.832,25= (di cui € 16.970,25 a titolo di danno biologico permanente e temporaneo, € 566,00 per spese mediche, € 2.296,00 per spese peritali di Ctu e Ctp) o in quella diversa maggiore o minore somma che dovesse venire accertata in corso di causa e da determinarsi, all’occorrenza, in via equitativa ex art. 1226 c.c., oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi. – con vittoria di spese e competenze di lite da distrarsi a norma dell’art. 93 c.p.c. a favore dell’Avv. Claudio Calvello quale procuratore antistatario nonché con sentenza munita della clausola di provvisoria esecuzione.

CONCLUSIONI DEL CONVENUTO: nel merito: rigettarsi le domande attrici siccome infondate in fatto ed in diritto e comunque perché non provate. In subordine: accertarsi e dichiararsi il prevalente concorso dell’attrice nella causazione dell’evento dannoso e liquidarsi i danni subiti dalla stessa secondo giustizia e in base alle effettive risultanze di causa. In via subordinata istruttoria: come da memorie ex art. 183 VI comma n. 2 e 3 c.p.c per quanto non già ammesso e/o espletato. In ogni caso: spese ed onorari di causa rifusi, compresi Iva, Cpa e rimborso forfettario spese generali.

MOTIVI DELLA DECISIONI

1. R. G. ha convenuto in giudizio Casa di Cura Abano Terme Polispecialistica e Termale s.p.a. per ottenere ex art. 2051 c.c. il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza di una caduta nel cortile della clinica, avvenuta alle ore 11,00 circa del 13 gennaio 2010. L’attrice ha allegato di essere inciampata all’interno del cortile “a causa di un insidioso dislivello presente sulla pavimentazione di mattonelle di porfido”. La casa di cura aveva omesso di provvedere ai lavori di manutenzione della pavimentazione, effettuati solo nelle immediate vicinanze del luogo della caduta. La documentazione fotografica a disposizione non rappresentava lo stato dei luoghi al momento del sinistro, risalendo al mese di luglio del 2011. All’epoca della caduta, sulla pavimentazione del cortile erano presenti profondi solchi di 2-3 centimetri tra una mattonella e l’altra.

2. Nel costituirsi in giudizio Casa di Cura Abano Terme Polispecialistica e Termale s.p.a., oltre a contestare la quantificazione dei danni, ha eccepito che la pavimentazione non presentava alterazioni tali da determinare un’insidia imprevedibile e invisibile. Non sussisteva la benché minima situazione di pericolo e la documentazione fotografica depositata dalla controparte non evidenziava dislivelli. I lavori di manutenzione della pavimentazione erano stati completati nel mese di novembre 2009, mentre una distinta area nelle vicinanze dell’ingresso, ove erano ancora in corso dei lavori, era adeguatamente transennata. In ogni caso, nella valutazione dei danni avrebbe dovuto tenersi conto del comportamento colposo della danneggiata.

3. Nel corso dell’istruttoria è stato escusso il teste oculare S. T., il responsabile dell’ufficio tecnico della Casa di Cura, N. C., e il responsabile della manutenzione e coordinamento del cantiere, M. C. È stato anche disposto un accertamento tecnico medico – legale affidato c.t.u. al dott. Stefano Faiferri (v. relazione 2 maggio 2013).

4. Il teste S. T. ha riferito che non conosceva l’attrice. Vedendola cadere, la soccorse, aiutandola a sedersi su una panchina. Nel cortile vi erano dei lavori che interessavano la pavimentazione: “la superficie del suolo era irregolare perché mancavano le fughe tra una mattonella e l’altra”. Non vide operai o materiale accatastato. La documentazione fotografica depositata dall’attrice non rappresenta lo stato dei luoghi al momento del fatto: “dalle fotografie risulta che le fughe sono state coperte nel punto in cui ho visto cadere l’attrice. Sono stata l’unica persona a intervenire per aiutare l’attrice. Il personale della causa di cura non ha visto la caduta. Non ricordo di aver visto transenne, cartelli o nastri di colore rosso e bianco. Non vi era proprio nulla” (v. verbale ud. 22 dicembre 2015). Gli ulteriori due testi escussi non assistettero alla caduta. N. C. ha riferito che i lavori di ripavimentazione del piazzale erano stati completati nel novembre 2009 e di non ricordare la presenza di dislivelli. M. C. ha sostenuto che sempre in quel periodo furono sistemate le “fughe”, con getti di cemento liquido tra le lastre di porfido. Nel gennaio 2010 vi erano ancora dei lavori in corso, ma non nelle immediate vicinanze della rampa.

5. Dall’accertamento medico-legale risulta che R. G. riportò la frattura del polso destro, con sofferenza del nervo mediano, produttiva di limitazioni funzionali e di sintomatologia parestesica sostenuta da un quadro di sindrome del tunnel carpale. La lesività è di origine traumatica e compatibile con la dinamica di accadimento dei fatti, documentata nell’immediatezza del fatto e appaiono rispettati tutti i criteri medico-legali per l’identificazione del nesso causale. Il quadro menomante concretizza un danno permanente, limitato al biologico, pari al 7%. Sulla scorta dei dati anamnestici e documentali, risulta esservi stato un periodo di danno biologico temporaneo parziale di 60 giorni al 75%, 30 giorni al 50%, 30 giorni al 25%. Il grado di sofferenza è da definirsi di media entità per i primi 60 giorni e di entità medio-lieve per i successivi 60 giorni, lieve nel cronico. Delle spese mediche documentate sono pertinenti e congrue le spese per accertamenti e trattamenti riabilitativi per la somma complessiva di euro 556,00.

6. L’art. 2051 c.c. prevede che ciascuno sia responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. La norma non esige che la cosa in custodia sia suscettibile di produrre danni per sua natura, cioè per un suo intrinseco potere, in quanto, anche in relazione alle cose prive di un proprio “dinamismo”, sussiste il dovere di custodia e controllo. La Corte di Cassazione ha evidenziato che non ha rilievo agli effetti dell’art. 2051 c.c. la distinzione tra cose pericolose ed inerti, ben potendo anche queste ultime inserirsi in un complesso causale, produttivo di danno, in ordine al quale il legislatore ha inteso apprestare a favore del danneggiato una tutela rafforzata (cfr. Cass., sez. III, 5.12.08, n. 28811; Cass., sez. III 4.8.2005 n. 16373). Secondo il dominante orientamento giurisprudenziale la responsabilità per il danno cagionato da cose in custodia si fonda non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa. Ciò significa che solo il “fatto della cosa” è rilevante (e non il fatto dell’uomo) e che la responsabilità discende dal mero rapporto di custodia. L’unico limite è costituito dall’esistenza del caso fortuito, con la precisazione che detto limite non si identifica con l’assenza di colpa. Si tratta, quindi, di una responsabilità oggettiva. La diligenza del custode, se non è provato il fortuito, non è sufficiente per escludere la sua responsabilità (v. Cass., sez. III, 25.7.08, n. 20427). La responsabilità deriva non da un comportamento del responsabile, ma dalle modalità di causazione del danno. La rilevanza del fortuito attiene al profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all’elemento esterno, anziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Al danneggiato compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (v. Cass., sez. III, 30.10.08, n. 26051; Cass., sez. III, 11.1.05 n. 376), quale anche la condotta imprevista e imprevedibile della vittima (v. Cass., sez. III, 28.10.09, n. 22807) o di un terzo (v. Cass., sez. III, 7.10.08, n. 24755). Il fattore accertato potrebbe anche non essere sufficiente a interrompere il nesso di causalità, ma essere idoneo a giustificare un concorso di colpa ex art. 1227, I co. c.c. (v. Cass., sez. III, 8.5.08, n. 11227).

7. Il fatto storico è ricostruibile sulla base di un testimone della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, per l’assenza di legami con le parti in causa. Non altrettanto può affermarsi con riferimento ai testi introdotti dalla convenuta, per i ruoli ricoperti di responsabile dell’ufficio tecnico della clinica e di responsabile dei lavori di manutenzione. M. C. ha espressamente riconosciuto di aver controllato unitamente al D.L. nel novembre 2009 che i lavori fossero stati eseguiti a regola d’arte. Sarebbe stato suo compito rilevare eventuali irregolarità della pavimentazione e ha quindi tutto l’interesse a negare di non aver svolto diligentemente il proprio incarico. Non solo S. T. si presenta come persona più credibile per l’assenza d’interessi che potrebbero condizionare le sue risposte. Una delle fotografie depositate come documento 7 dall’attrice, rende abbastanza evidente che una particolare area del cortile sia stata interessata da quello che M. C. ha definito un getto di cemento liquido. Sembra esservi stato un intervento posticcio e temporalmente vicino allo scatto fotografico del luglio 2011, piuttosto che una rifinitura a regola d’arte risalente al novembre 2009. Alla domanda se lo stato dei luoghi sia stato modificato dopo il gennaio 2010, a dispetto delle dichiarazioni di N. C. e M. C., deve pertanto darsi risposta positiva. Lo afferma un teste soggettivamente credibile e la documentazione fotografica costituisce un valido riscontro alla sua deposizione.

8. È ravvisabile la responsabilità ex art. 2051 c.c. della struttura ospedaliera quale custode del bene perché la caduta appare ricollegabile a fessure o fughe fra i blocchi di porfido costituenti la pavimentazione del cortile. Che apprezzabili dislivelli dovessero essere livellati è facilmente comprensibile, considerando la specifica destinazione dell’immobile e l’utenza – anche non più giovane – che poteva frequentarlo. È vero che la documentazione depositata non evidenzia particolari fessure, ma a) due delle fotografie depositate come doc. 7 consentano di notare del materiale di colore chiaro – cemento liquido secondo M. C. – collocato fra i diversi blocchi di porfido; b) S. T. ha collocato la caduta in corrispondenza proprio di quel materiale; c) il teste ha precisato che lo stato dei luoghi è stato modificato rispetto al giorno dell’infortunio. L’art. 1227, I co. c.c. stabilisce che se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. L’onere della prova è però a carico del debitore – danneggiante (cfr. Cass., sez. III, 31.10.14, n. 23148) e sul punto (v. comparsa di costituzione e risposta, fg. 4-6) nulla è stato tempestivamente allegato.

9. Le conclusioni dell’accertamento medico legale, congruamente motivate e immuni da vizi logici, non sono state poste in discussione da osservazioni dei consulenti nominati dalla parti (v. relazione 2.5.13, fg. 8) Ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale, si applicano le Tabelle del Tribunale di Milano 2014, a cui è stata riconosciuta una vocazione nazionale da un’importante pronuncia di legittimità (Cass., sez. III, 7.6.11, n. 12408, Amatucci), utilizzate dall’ufficio giudiziario di Padova fin dal novembre 2009. Nessuna tabella legislativa è prevista per illeciti del genere di quello di cui di discute e la tabella dell’art. 139 C.d.A. non è applicabile al di fuori dei casi espressamente previsti. È noto che le Tabelle del Tribunale di Milano sono state elaborate proprio in considerazione dei principi espressi dalle sentenze delle sezioni unite del novembre 2008 (Cass., s.u., 11.11.08, 26972, 26973, 26974 e 26975). Esprimono valori medi standardizzati, e non minimi, rapportati alla gravità delle conseguenze dannose. Nessuna personalizzazione viene attuata per le considerazioni svolte dal consulente dott. Stefano Faiferri sul grado di sofferenza medio, medio-lieve e lieve nel cronico derivante dalle lesioni e per l’assenza di altre particolari allegazioni meritevoli di valorizzazione. Sulla base della consulenza tecnica d’ufficio, considerando che Rosanna Garofolin aveva all’epoca del sinistro 71 anni, il danno da invalidità permanente è stimabile in euro 9.968,00 e quello da invalidità temporanea in euro 6.480,00 (euro 4.320,00 + euro 1.440,00 + euro 720,00), per complessivi euro 16.448,00.

10. A titolo di danno patrimoniale sono valorizzabili le spese considerate necessarie o utili dal consulente medico legale, inerendo ad “accertamenti e trattamenti riabilitativi” e valutazioni medico legali antecedenti alla presente causa, pari complessivamente a euro 516,00. Prese in esame le osservazioni della difesa di parte convenuta, si esclude unicamente il rimborso del “certificato per assicurazione”, non essendo stata spiegata la pertinenza e utilità di tale esborso. Tra le spese rimborsabili, viene invece ricompresa anche quella relativa all’accertamento medico, costituendo tale accertamento una conseguenza normale e regolare del fatto illecito. Le spese sono rivalutabili secondo l’indice FOI dell’istat in euro 540,00.

11. il danno patrimoniale e non patrimoniale complessivo è quantificabile in moneta attuale in euro 16.998,00. Al creditore di un’obbligazione di valore spetta poi il risarcimento del danno ulteriore causato dal ritardato adempimento. Il principio per cui gli interessi possono essere attribuiti solo su domanda vale per le obbligazioni pecuniarie in senso stretto (Cass., sez. I, 17.5.05, n. 10354). La base del calcolo è costituita non dal credito in moneta attuale (v. Cass., s.u., 17.12.95, n. 1712), ma dal “coacervo” del credito originario via via rivalutato con periodicità annuale (alla data convenzionale del 31 dicembre di ciascun anno). Non è infatti consentito calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data del fatto illecito perché ciò comporterebbe una duplicazione delle voci risarcitorie. Al momento del deposito della sentenza l’obbligazione di valore si trasforma in obbligazione di valuta e produce altresì interessi legali fino al pagamento. L’indice da prendere in considerazione ai fini della rivalutazione è quello del costo della vita utilizzato dall’istat (indice FOI).

12. Le spese di c.t.u. e legali seguono la soccombenza di parte convenuta. Le spese legali vengono calcolate sulla base del D.M. 55/14. Si applicano i valori medi dello scaglione di riferimento. Non vi sono i presupposti per l’aumento del compenso ex art. 4, V co. D.M. 55/14, attesa la discrasia esistente fra le diverse deposizioni acquisite. L’avvocato Claudio Calvello ha chiesto in sede di precisazione delle conclusioni la distrazione delle spese in proprio favore. Alle spese legali vanno aggiunte quelle della difesa tecnica all’interno del processo, documentate dalla fattura 93/13 (doc. 11 att.) del dott. Francesco Munari.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando, rigettata ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così provvede:

a) condanna CASA DI CURA ABANO TERME POLISPECIALISTICA E TERMALE S.P.A. al pagamento in favore di R. G. della somma di euro 16.998,00, oltre agli interessi al tasso legale dalla sentenza al saldo e agli interessi sulla predetta somma come devalutata al 13 gennaio 2010 e poi rivalutata di anno in anno sino alla sentenza;

b) pone le spese della c.t.u. medico-legale in via definitiva a carico di CASA DI CURA ABANO TERME POLISPECIALISTICA E TERMALE S.P.A.;

c) condanna CASA DI CURA ABANO TERME POLISPECIALISTICA E TERMALE S.P.A. alla rifusione all’attrice delle spese di lite, liquidate nella somma di euro 5.049,00, di cui euro 214,00 per esborsi e il resto per compenso, oltre spese generali (15%), i.v.a., c.p.a. nonché euro 726,00 per rimborso spese del c.t.p.. Dispone la distrazione delle spese legali in favore dell’avvocato Claudio Calvello.

Padova, 13 maggio 2015

Il Giudice

dott. Gianluca Bordon

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Studio Legale Calvello