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Spese legali stragiudiziali e giudiziali

Omessa pronuncia sulla distrazione e sul rimborso fortetario delle spese: è un errore materiale

Cassazione civile, Sez. III, Sent.enza del 02-08-2013, n. 18518

I PRINCIPI ENUNCIATI DALLA CORTE:

“…in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma…”

“…il rimborso c.d. forfetario delle spese generali costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, che spetta automaticamente al professionista difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza …”

NOTA:

La statuizione è in linea con quanto previsto dalla nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense (L. 247/2012) che all’art. 13, comma 10 prevede che “oltre al compenso per la prestazione professionale, all’avvocato è dovuta, […] una somma per il rimborso delle spese forfetarie […]”. Ne consegue che i provvedimenti giurisdizionali emessi dal 2 febbraio 2013 (data di entrata in vigore della legge), OLTRE alla distrazione dei compensi di causa, DEVONO prevedere ANCHE il rimborso delle spese generali.

Inoltre l’avvocato che non si vede distratte le spese ancorchè dichiaratosi anticipatario (quante volte l’istanza rimane sulla penna del Giudice!) potrà, più semplicemente, esperire il rimedio del procedimento previsto per la correzione degli errori materiali  di cui agli artt. 287 e 288 del codice di procedura civile.

LA SENTENZA INTEGRALE:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCORANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23563/2007 proposto da:

T.G. (OMISSIS), P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato T. G., rappresentati e difesi dall’avvocato M. S. giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

(Omissis) S.P.A. in persona dei legali rappresentanti Dr. T.L. e DR. M. C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CARSO 63, presso lo studio dell’avvocato F. V.M., che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

E.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 15501/2006 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 10/07/2006, R.G.N. 33644/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito l’Avvocato V. F.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in subordine per il rigetto.

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza n. 16748/03 il giudice di pace di Roma condannò solidalmente i convenuti E.F. e (Omissis) s.p.a. a pagare a P.S. per i danni subiti a seguito di incidente stradale Euro 4.257,15, oltre agli accessori, e compensò le spese.

Decidendo sull’appello dell’attore, con sentenza n. 15501/06, pubblicata il 10.7.2006, il Tribunale di Roma ha riconosciuto anche il danno morale, che ha equitativamente liquidato in Euro 800 ed ha inoltre condannato i convenuti alle spese del doppio grado, liquidandole in “Euro 680,00 per esborsi (comprese le spese di C.T.U.), in Euro 870,00 per diritti, in Euro 1040,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A come per legge”.

2.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione il P. ed il difensore avv. T.G., articolando tre motivi in punto di spese, cui Ras s.p.a. resiste con controricorso.

L’intimato E.F. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- La sentenza è censurata:

a) col primo motivo, da parte dell’avv. T. in proprio, per omessa distrazione delle spese del secondo grado in proprio favore, come espressamente richiesto;

b) col secondo, per violazione dei minimi tariffari tabellari;

e) col terzo, per omesso ed immotivato riconoscimento della maggiorazione di cui al D.M. n. 585 del 1994, art. 5, comma 4.

2.- Si osserva:

a) il primo motivo è inammissibile alla stregua del principio affermato dalle sezioni unite con sentenza n. 16037 del 2010 (cui s’è allineata la giurisprudenza successiva: cfr., ex multis, Cass. nn. 293/2011, 15346/2011, 1301/2012), la quale ha statuito che in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma.

b) il secondo è infondato, non avendo il ricorrente considerato che, a fronte della notula redatta sulla base del valore della causa determinato dalla domanda, la liquidazione è stata evidentemente effettuata – “avendo riguardo … alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata”;

c) il terzo è inammissibile in quanto – costituendo principio consolidato quello secondo il quale il rimborso c.d. forfetario delle spese generali costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, che spetta automaticamente al professionista difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, dovendosi quest’ultima ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombente (ex coeteris, Cass. n. 4209/2010) – la mancata liquidazione, nella sentenza, delle somme dovute per spese generali costituisce un errore materiale che può essere corretto con il procedimento di correzione di cui all’art. 287 cod. proc. civ. e segg., in quanto l’omissione riscontrata riguarda una statuizione di natura accessoria e a contenuto normativamente obbligato, che richiede al giudice una mera operazione tecnico- esecutiva, da svolgersi sulla base di presupposti e parametri oggettivi (cfr., per la mancata liquidazione degli onorari di avvocato, Cass., n. 19229/2009).

3.- Il ricorso va conclusivamente respinto.

La condanna dei ricorrenti alle spese in favore di Ras s.p.a. segue la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2013

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