Titolo

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domanda di risarcimento ominicomprensiva

Contratti

Fornitura di merce a consegne ripartite: la garanzia per vizi non decade (Cass. 8775/24)

In tema di garanzia per vizi, quando sia stata venduta, a consegne ripartite, merce con le medesime caratteristiche di qualità, il riconoscimento del vizio della merce stessa da parte del venditore, dopo la prima consegna, esclude il verificarsi della decadenza, ai sensi dell’art. 1495 c.c., in relazione a vizi dello stesso genere relativi alle successive partite. Lo afferma la Cassazione, sez. 2 civ., che con l’ordinanza n. 8775 del 3.4.2024 ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza della Corte di Appello di Milano. La vertenza origina nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso da una società avverso il decreto con cui il Tribunale di Busto Arsizio le ingiungeva il pagamento del saldo del corrispettivo per la fornitura di calzature da lavoro di cui al contratto di distribuzione sottoscritto con la ricorrente.

L’ ORDINANZA

Cassazione civile, Sez. II, Ordinanza del 03/04/2024, n. 8775

(Dott. GIUSTI Alberto – Presidente, Dott. TRAPUZZANO Cesare – Relatore)

(Omissis)

Svolgimento del processo

1. – Con decreto ingiuntivo n. 38/2011 del 15 febbraio 2011, notificato il 4 marzo 2011, il Tribunale di Busto Arsizio (Sezione distaccata di Gallarate) ingiungeva il pagamento, in favore della Italconf Srl e a carico della Reverse Srl, della somma di Euro 23.072,00, oltre interessi legali, a titolo di saldo del corrispettivo preteso per la fornitura di calzature da lavoro di cui al contratto di distribuzione sottoscritto dalle parti il 10 luglio 2009, come da fatture n. (Omissis) del 7 ottobre 2009 e n. (Omissis) del 26 maggio 2010.

Con atto di citazione notificato l’8 aprile 2011, la Reverse Srl proponeva opposizione avverso l’emanato provvedimento monitorio e, per l’effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Busto Arsizio, la Italconf Srl, per sentire pronunciare la risoluzione del contratto di fornitura per la presenza nelle calzature prodotte e consegnate di gravi vizi e difetti, tali da renderle inidonee al loro utilizzo e alla relativa commercializzazione, con la conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto e con la condanna dell’ingiungente alla restituzione delle somme versate in acconto e al risarcimento dei danni per la lesione subita all’immagine commerciale.

Si costituiva in giudizio la Italconf Srl, la quale contestava le pretese avversarie, eccependo la decadenza e la prescrizione dell’azionata garanzia per i vizi della merce fornita e chiedendo il

rigetto delle domande avversarie, con la conferma del provvedimento monitorio opposto.

Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali ammesse ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1665/2016, depositata il 6 ottobre 2016, in accoglimento della spiegata opposizione, pronunciava la risoluzione del contratto di fornitura per i gravi vizi della merce fornita, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la Italconf alla restituzione, in favore della Reverse, della somma anticipata a titolo di acconto di Euro 13.000,00 nonché al risarcimento dei danni nella misura di Euro 5.000,00.

2. – Con atto di citazione notificato il 17 novembre 2016, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la Italconf Srl, la quale lamentava: 1) l’erroneo rigetto dell’eccezione di decadenza prontamente sollevata; 2) l’erronea valutazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio in merito alla presenza di vizi nella merce e l’erronea applicazione del principio di distribuzione dell’onere probatorio in ordine alla sussistenza dei vizi; 3) l’erronea condanna al risarcimento dei danni in mancanza di alcuna dimostrazione della lesione all’immagine commerciale; 4) l’indebita condanna alla refusione delle spese di lite.

Si costituiva nel giudizio di impugnazione la Reverse Srl, la quale concludeva per il rigetto del gravame.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di risarcimento dei danni e confermava nel resto la pronuncia impugnata.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che, in riferimento alla fornitura di cui alla fattura n. (Omissis) del 7 ottobre 2009, vi era stata una regolare e tempestiva denuncia in ordine alla presenza di vizi e difetti della merce, mentre, all’esito dell’accettazione della merce successivamente riparata da Italconf, Reverse si era espressamente riservata di far valere i vizi e difetti a seguito di collaudo da parte dei propri acquirenti; b) che Reverse, una volta accertata la permanenza dei vizi su 80 paia di calzature ed avendo comunque accettato di mettere in vendita la merce, nonostante la asserita difettosità, non aveva comunque rinunciato a far valere la garanzia sulla merce riparata, con la conseguenza che doveva essere confermata la declaratoria di risoluzione della fornitura per effetto dell’esito negativo del collaudo della merce da parte dei clienti finali; c) che, con successiva comunicazione del 25 maggio 2010, Reverse aveva dato atto che i difetti erano evidenti almeno per 80 paia di calzature mentre per le restanti calzature restava ferma la riserva in ordine al buon esito del collaudo degli acquirenti finali; d) che la presenza dei vizi, tali da rendere inidonee le calzature all’uso previsto, quali dispositivi di protezione e sicurezza da impiegare in ambito lavorativo, era stata confermata dalla consulenza tecnica d’ufficio, benché l’esame effettuato avesse riguardato solo una parte della fornitura disponibile, trattandosi di produzione di massa che avrebbe giustificato un controllo a campione per verificare la qualità del prodotto; e) che, in ragione della verifica circa l’esistenza dei vizi, come da risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, sarebbe stato onere del debitore convenuto (recte del venditore) provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa.

3. – Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la Italconf Srl

Ha resistito, con controricorso, l’intimata Reverse Srl

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., per avere la Corte di merito disatteso l’eccezione di decadenza tempestivamente sollevata in ordine alla spiegata azione di garanzia per i vizi della vendita (recte della fornitura di cui al contratto di distribuzione concluso tra le parti il 10 luglio 2009), tale da determinare la declaratoria di risoluzione del negozio, sulla scorta del richiamo alla riserva espressa da Reverse di far valere i vizi a seguito del collaudo effettuato dai suoi clienti, come da missiva dell’11 novembre 2009.

E ciò senza che, a seguito di tale comunicazione, l’acquirente avesse mai lamentato la presenza di difetti, salvo poi farne doglianza solo con l’atto introduttivo dell’opposizione a decreto ingiuntivo.

1.1. – Il motivo è infondato.

Infatti, la pronuncia impugnata ha dato conto del fatto che, all’esito della consegna della merce e in ragione della verifica del fatto che le calzature consegnate presentavano muffe, sbavature di colore e scollamento della suola, seguiva formale contestazione dei difetti della merce medesima. All’esito, la società acquirente restituiva alla venditrice 1.187 paia di scarpe, rispetto alle 1.200 consegnate, affinché quest’ultima provvedesse all’eliminazione dei difetti riscontrati. La fornitrice provvedeva alla sostituzione/riparazione e alla rinnovata consegna. Quindi, a mezzo missiva dell’11 novembre 2009, la Reverse rilevava che nessun intervento riparatore era stato eseguito sulle calzature riconsegnate e nondimeno si riservava di accettare la fornitura all’esito del collaudo di impiego da parte della sua clientela.

Ne consegue che nessuna decadenza poteva discendere per effetto dell’impegno assunto dalla fornitrice di sostituire/riparare la merce dopo la contestazione dei vizi all’esito della consegna della prima fornitura, integrando tale impegno un’ipotesi di tacito riconoscimento dei vizi ex art. 1495, secondo comma, c.c.

Infatti, in tema di garanzia per vizi nella compravendita, il riconoscimento dei difetti da parte del venditore, che, ai sensi dell’art. 1495, secondo comma, c.c., esonera il compratore dall’onere della tempestiva denuncia, può aver luogo anche tacitamente, per facta concludentia, come nel caso in cui lo stesso venditore provveda alla sostituzione della cosa – nella specie, dell’intera fornitura di calzature – (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 33380 del 30/11/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 27076 del 22/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 16766 del 21/06/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 6295 del 04/03/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 1278 del 18/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 16881 del 07/07/2017; Sez. 2, Ordinanza n. 15746 del 23/06/2017; Sez. 2, Sentenza n. 23970 del 22/10/2013; Sez. 2, Sentenza n. 10288 del 16/07/2002; Sez. 2, Sentenza n. 1561 del 20/02/1997; Sez. 2, Sentenza n. 6641 del 12/06/1991; Sez. 2, Sentenza n. 87 del 08/01/1979; Sez. 2, Sentenza n. 5730 del 23/12/1977).

Ed inoltre, quando sia stata venduta, a consegne ripartite, merce con le medesime caratteristiche di qualità, il riconoscimento del vizio della merce stessa da parte del venditore, dopo la prima consegna, esclude il verificarsi della decadenza, ai sensi dell’art. 1495 c.c., in relazione a vizi dello stesso genere relativi alle successive partite (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16766 del 21/06/2019; Sez. 3, Sentenza n. 2001 del 03/06/1976).

Quanto alla persistenza dei vizi nella merce sostituita/riparata, il giudice di merito ha dato atto che l’acquirente aveva prontamente contestato (vedi il richiamo alla comunicazione dell’11 novembre 2009) che nessun intervento riparatore era stato eseguito sulle calzature riconsegnate e nondimeno si riservava di accettare la fornitura all’esito del collaudo di impiego da parte della sua clientela.

Sicché i difetti della merce sostituita sono stati prontamente denunciati, pur avendo l’acquirente subordinato l’accettazione della fornitura alla circostanza che la merce fosse collaudata dai clienti. Tale riserva era stata poi ribadita con missiva del 25 maggio 2010.

Dinanzi alla denuncia della persistenza dei vizi sull’intera fornitura sostituita, con la contestuale riserva di accettazione (rimessa ad un fatto futuro ed eventuale rispetto alla circostanza certa, acclarata e denunciata), ove i clienti avessero confermato gli acquisti senza alcuna contestazione, nessuna ulteriore comunicazione avrebbe dovuto essere effettuata, se non per rilevare la definitiva acquisizione della merce a cura dei clienti all’esito del collaudo (in mancanza della quale, restava ferma l’originaria prospettazione sull’estensione dei difetti a tutte le calzature sostituite).

A questo proposito, è necessario precisare che l’accertamento del giudice di merito circa la tempestività della denuncia dei vizi è incensurabile in sede di legittimità, sempre che la motivazione su questo punto non sia inficiata dai difetti previsti dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16766 del 21/06/2019; Sez. 3, Sentenza n. 3069 del 09/05/1981; Sez. 3, Sentenza n. 3863 del 25/10/1976; Sez. 3, Sentenza n. 336 del 02/02/1973; Sez. 3, Sentenza n. 2260 del 07/07/1972; Sez. 3, Sentenza n. 2354 del 20/07/1971; Sez. 3, Sentenza n. 2241 del 29/10/1970; Sez. 3, Sentenza n. 1602 del 09/05/1969; Sez. 3, Sentenza n. 782 del 24/03/1966).

2. – Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 115, primo comma, c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che, all’esito della riserva sull’accettazione della fornitura in ragione del collaudo da parte dei clienti, la missiva del 25 maggio 2010 fosse significativa del mancato collaudo da parte dei clienti, mentre, in realtà, attraverso tale comunicazione, sarebbe stato riferito che, con riguardo alla quantità di merce consegnata alla clientela, non vi erano state contestazioni significative.

Secondo l’istante, la Corte d’appello avrebbe posto a fondamento della decisione impugnata un documento, di cui sarebbe stato travisato il contenuto.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

Ed invero, a fronte di una “doppia conforme” (quanto alla ritenuta conferma della contestazione in ragione del mancato collaudo della merce da parte dei clienti della società destinataria della fornitura sostituita), con instaurazione del giudizio di gravame successivamente all’11 settembre 2012, come nella specie (la citazione introduttiva del giudizio d’appello è stata notificata il 17 novembre 2016), ai sensi dell’art. 348-ter, quinto comma, c.p.c., vigente ratione temporis, la doglianza di omesso esame di fatti decisivi, formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non può essere proposta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5074 del 26/02/2024; Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014).

In ordine ai fatti sostanziali, l’asserito travisamento del contenuto oggettivo della prova – ossia la svista concernente la ricognizione del fatto probatorio in sé (demonstratum) e non la verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio (demonstrandum) –, allorché abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata (ovvero se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti) e sia decisivo, può essere sindacato solo ai sensi del vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024), vizio nella fattispecie precluso.

Ciò vale non solo quando la decisione di secondo grado sia interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 19828 del 20/06/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 17449 del 30/05/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 16736 del 24/05/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 2506 del 27/01/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 33483 del 11/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 29222 del 12/11/2019).

Sul punto relativo all’esclusione della invocata decadenza, la sentenza impugnata ha convalidato gli argomenti già sviluppati dalla sentenza di prime cure, disattendendo le censure contenute – in ordine a tale aspetto – nei corrispondenti motivi di gravame.

Né parte ricorrente si è onerata di specificare le ipotetiche differenze tra le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello in merito a tale profilo decisorio (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8320 del 15/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016).

3. – Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte distrettuale affermato che la società acquirente avesse fornito la prova della presenza dei vizi sull’intero quantitativo della merce acquistata, nonostante la carenza probatoria della consulenza tecnica d’ufficio, eseguita a campione su un numero limitato di calzature e non su tutta la fornitura.

Obietta l’istante che erroneamente sarebbe stata ritenuta acquisita la prova della presenza dei vizi, pur avendo l’indagine tecnica riguardato soltanto una parte minima (247 capi di scarpe) della merce contestata (pari a 1.187 paia di scarpe), così determinandosi un’inversione dell’onere probatorio, poiché sarebbe stata rimessa alla società fornitrice la dimostrazione dell’assenza dei vizi medesimi.

3.1. – Il motivo è infondato.

Infatti, l’esecuzione della verifica solo su una parte della merce fornita è stata giustificata dal fatto che, a fronte dell’iniziale contestazione dei difetti sull’intera fornitura resa, la merce rimasta in magazzino fosse limitata ad un quantitativo di 247 paia di scarpe (mancando 953 ulteriori paia di scarpe). Il che ha indotto ad effettuare la verifica sulla sola quantità di merce disponibile.

All’esito, il consulente tecnico d’ufficio ha precisato che il quantitativo di calzature a disposizione per l’analisi a campione della merce sarebbe stato in ogni caso idoneo, in quanto ben rappresentativo di tutta la quantità della merce consegnata.

D’altronde il giudice di merito ha rilevato che, trattandosi di produzione di massa, fosse sufficiente un controllo a campione per verificare la qualità del prodotto, restando esclusa la necessità di indagini e riscontri assidui, tali da condurre alla scoperta dei vizi sulla singola calzatura, valutazioni, queste, insindacabili in questa sede.

Ne discende che nessuna inversione dell’onere probatorio è dato riscontrare, posto che la sentenza impugnata ha fatto fedele applicazione del principio secondo cui, in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14895 del 29/05/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 14109 del 23/05/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 8451 del 24/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 33612 del 15/11/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 22979 del 22/07/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 9960 del 28/03/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 1218 del 17/01/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 34636 del 16/11/2021; Sez. 2, Sentenza n. 21258 del 05/10/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 16073 del 28/07/2020; Sez. 2, Sentenza n. 8199 del 27/04/2020; Sez. U, Sentenza n. 11748 del 03/05/2019).

Solo per effetto del ritenuto raggiungimento della prova della ricorrenza di tali vizi nelle calzature fornite, alla stregua della consulenza tecnica d’ufficio espletata, la Corte d’appello ha osservato che, dinanzi alla dimostrazione di detti vizi, fosse onere del venditore fornire la prova dei fatti impeditivi.

4. – In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.

Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione,

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 20 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2024.

 

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