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Danno non patrimoniale

Il danno da micropermanente, se suscettibile di accertamento medico legale secondo le leges artis, è sempre risarcibile

Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-09-2016, n. 18773

IL FATTO

Tizia conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace, Caio e la X Assicurazioni per sentirle condannare al risarcimento per le lesioni patite a seguito di un sinistro stradale. L’adito Giudice di pace, rigettava nel merito la pretesa di ristoro dei pregiudizi derivanti dalle lesioni personali patite a seguito dell’incidente, difettando una “dimostrazione convincente dei suoi elementi giustificativi”. Avverso tale decisione Tizia ricorreva in appello. Il giudice di secondo grado confermava, seppur con diversa motivazione, la decisione impugnata, in quanto, stante l’applicabilità al giudizio de quo della norma dettata dal D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 quater, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2012, le “affezioni asintomatiche di modesta intensità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico… riscontrate all’infortunata” non erano state dimostrate “con le rigorose modalità prescritte ex lege”. A Tizia non restava quindi che ricorrere per Cassazione la quale cassava la sentenza rinviandola al Tribunale in diversa composizione affinché tenesse presente il seguente principio di diritto.

IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO

L’art. 32, comma 3 quater, così come il precedente comma 3 ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, nè unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).

LA SENTENZA INTEGRALE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15122/2013 proposto da:

B.F. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA, 80, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C., MILANO ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 13396/2012 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 12/12/2012, R.G.N. 15623/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo, per il rigetto del secondo motivo e per l’assorbimento del terzo motivo.

Svolgimento del processo

1. – B.F. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Napoli, C.C. e la Milano Assicurazioni S.p.A. per sentirle condannare al risarcimento dei danni arrecati alla propria autovettura, nonchè per le lesioni patite a seguito del sinistro stradale occorso in data (OMISSIS), da ascrivere a responsabilità del conducente dell’autovettura di proprietà della C., assicurata presso la compagnia convenuta.

Con sentenza del giugno 2009, l’adito Giudice di pace, nella contumacia dei convenuti, dichiarava inammissibile la domanda attorea di risarcimento dei danni arrecati all’autovettura, stante la carenza di legittimazione processuale attiva dell’attrice, e rigettava nel merito la pretesa di ristoro dei pregiudizi derivanti dalle lesioni personali patite a seguito dell’incidente, difettando una “dimostrazione convincente dei suoi elementi giustificativi”.

2. – Avverso tale decisione proponeva impugnazione B.F., che il Tribunale di Napoli, con sentenza resa pubblica il 12 dicembre 2012, accoglieva parzialmente e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l’esclusiva responsabilità ex art. 2054 c.c., comma 3, di C.A. per la verificazione dell’incidente e condannava la Milano Assicurazioni S.p.A. al pagamento, in favore dell’attrice, della somma risarcitoria di Euro 505,61, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, nonchè, in solido con la C., al pagamento dei due terzi delle spese processuali del doppio grado di giudizio, che liquidava in complessivi Euro 1.074,00, di cui Euro 154,00 per esborsi ed Euro 920,00 per compensi, oltre accessori di legge; rigettava nel resto l’impugnazione.

2.1. – Per quanto ancora interessa in questa sede, il giudice d’appello – accertata la responsabilità per il sinistro de quo – in punto di liquidazione dei danni, riteneva dovuto il risarcimento volto a “remunerare gli interventi di riparazione del veicolo” di proprietà dell’attrice, da quantificarsi in Euro 505,61, oltre rivalutazione monetaria secondo indici Istat ed interessi legali, mentre escludeva il risarcimento per il c.d. “danno da fermo tecnico del veicolo incidentato”.

A tal riguardo, il Tribunale sosteneva che, non essendo in re ipsa, detto danno non poteva essere liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., non avendo l’istante “neppure dedotto le circostanze rivelatrici della verificazione nella propria sfera giuridica di un danno materiale emergente ulteriore rispetto a quello normalmente discendente dalla necessità di disporre le opere, d’altronde di attuazione piuttosto rapida (nella specie, 4 giornate lavorative), di riparazione della vettura, di cui non è stata prospettata neppure la sostituzione provvisoria”.

2.2. – Il giudice di secondo grado confermava, poi, seppur con diversa motivazione, il capo della decisione impugnata con cui era stata respinta la domanda di risarcimento dei danni alla persona patiti dall’attrice, in quanto, stante l’applicabilità al giudizio de quo della norma dettata dal D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 quater, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2012, le “affezioni asintomatiche di modesta intensità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico… riscontrate all’infortunata” non erano state dimostrate “con le rigorose modalità prescritte ex lege”.

2.3. – Infine, il giudice del gravame, in virtù del parziale accoglimento dell’appello, compensava ex art. 92 c.p.c., comma 2, le spese del doppio grado di giudizio nella misura di un terzo e poneva la restante quota a carico dei convenuti in solido tra loro, che liquidava d’ufficio secondo i parametri indicati dal D.M. n. 140 del 2012, e, dunque, senza prendere in considerazione le note specifiche di cui all’art. 75 disp. att. c.p.c., depositate dal difensore dell’attrice.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre B.F., affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede le intimate C.A. e la Milano Assicurazioni S.p.A..

Motivi della decisione

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione degli artt. 2554, 2043, 2056, 2059 e 1226 c.c., art. 185 c.p., L. n. 27 del 2012, art. 32, (rectius: del D.L. n. 1 del 2012, convertito, con modificazione, dalla L. n. 27 del 2012) e art. 139 cod. ass..

Il giudice di secondo grado, sulla base del presupposto che le lesioni personali patite da essa B. nel sinistro per cui è causa non erano state accertate visivamente o strumentalmente ai sensi del D.L. n. 1 del 2012, art. 32, modificativo del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 139, avrebbe erroneamente respinto la relativa domanda risarcitoria, atteso che le diposizioni dettate dalla citata normativa in materia di riscontro medico-legale delle lesioni di lieve entità non possono trovare applicazione con riferimento a quei giudizi, come il presente, che erano già in corso alla data della loro entrata in vigore.

In ogni caso, le lesioni contusive “alla spalla sinistra, allo emotorace sinistro ed alla cervicale” patite da essa attrice erano state accertate “visivamente come ritiene la legge” dal “sanitario di guardia al Pronto Soccorso” e ciò diversamente dalla “sospetta lesione ossea”, non accertata strumentalmente, ma neppure oggetto di richiesta risarcitoria, limitata al danno biologico temporaneo e non già permanente.

Unitamente al danno biologico temporaneo il giudice di appello avrebbe dovuto liquidare anche il danno morale.

1.1. – Il motivo è fondato per quanto di ragione.

1.1.1. – Esso è privo di consistenza in riferimento alla postulata inapplicabilità nella presente controversia (decisa in grado appello con sentenza pubblicata il 12 dicembre 2012) della disposizione di cui D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, comma 3 quater, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, la quale stabilisce: “Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 139, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.

Come precisato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235 del 2014, la citata norma, avente ad oggetto le modalità di riscontro medico-legale delle lesioni di lieve entità a seguito di sinistro derivante dalla circolazione stradale, unitamente a quella del precedente comma 3 ter (modificativa del predetto art. 139 cod. ass.) concernente il danno biologico permanente (e il cui risarcimento non potrà aver luogo ove le lesioni di lieve entità “non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo”), “in quanto non attinenti alla consistenza del diritto, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto, si applicano… ai giudizi in corso (ancorchè relativi a sinistri verificatisi in data anteriore alla loro entrata in vigore)” (così l’anzidetta sent. n. 235 del 2014).

Trattasi, infatti, di norme (la prima, come detto, riguardante il danno biologico permanente, la seconda quello temporaneo) volte a stabilire l’esistenza e, eventualmente, la consistenza del danno alla persona e, dunque, ad esse è tenuto il giudice nel momento stesso in cui decide sul punto.

1.1.2. – Sono invece fondate le doglianze che impugnano la ratio decidendi della sentenza di appello là dove questa ha escluso che la B. abbia fornito la prova, secondo le “rigorose modalità prescritte ex lege”, delle lesioni lievi, di carattere non permanente, subite, in quanto ritenute “non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico”.

Invero, il citato art. 32, comma 3 quater, così come il precedente comma 3 ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, nè unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).

Sicchè, appare evidente l’errore in diritto (sub specie di vizio di sussunzione) commesso dal giudice di appello, il quale – pur dichiaratamente discostandosi dalla motivazione del primo giudice, che aveva ritenuto inattendibile il referto ospedaliero (e, dunque, prescindendo da tale valutazione) – ha escluso la risarcibilità del danno biologico temporaneo (quale unica pretesa azionata dall’attrice) in favore della stessa B. nonostante che detto referto medico avesse diagnosticato “contusioni alla spalla, al torace e alla regione cervicale guaribili in 7 giorni”, le quali lesioni, dunque, non potevano essere ritenute, di per sè, “affezioni asintomatiche di modesta intensità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico” alla stregua del D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 quater.

2. –  Con il secondo mezzo è denunciata violazione degli artt. 2043, 2054, 2056, 1223 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il giudice d’appello avrebbe erroneamente negato il risarcimento del danno da “fermo tecnico” del veicolo incidentato in considerazione del fatto che l’istante non aveva provato di aver subito un danno materiale emergente (per spese di gestione del veicolo incidentato) ulteriore rispetto a quello derivante dall’inutilizzabilità dell’autovettura durante il periodo necessario alla sua riparazione, nonostante la prevalente giurisprudenza di legittimità ritenga che tale voce di danno in parola sia in re ipsa.

2.1. – Il motivo è infondato.

Il Collegio intende aderire e dare continuità al più recente orientamento, in via di consolidamento, secondo cui il danno da “fermo tecnico” del veicolo incidentato non è risarcibile in via equitativa – cui è possibile ricorrere solo ove sia certa l’esistenza dell’an – ove la parte non abbia provato di aver sostenuto di oneri e spese per procurarsi un veicolo sostitutivo, nè abbia fornito elementi (quali i costi assicurativi o la tassa di circolazione, sempre che la durata della riparazione non sia stata particolarmente breve, tale da rendere irrilevante l’entità di detti costi) idonei a determinare la misura del pregiudizio subito (tra le altre, Cass., 19 aprile 2013, n. 9626; Cass., 17 luglio 2015, n. 15089; Cass., 14 ottobre 2015, n. 20620).

Si tratta, infatti, di indirizzo consentaneo al principio per cui anche il danno da “fermo tecnico” non può considerarsi in re ipsa (come invece opinato dalla ricorrente), quale conseguenza automatica del sinistro e della indisponibilità del veicolo, ma deve, invece, essere allegato e dimostrato in ragione della effettiva perdita patita dal danneggiato, in consonanza con la norma di cui all’art. 1223 c.c., (richiamata dall’art. 2056 c.c.).

Sicchè, è corretta la decisione del giudice di appello che ha escluso la risarcibilità di detto danno in ragione della rilevata rapida attuazione delle opere di riparazione del veicolo (4 giorni), senza che l’attrice avesse neppure allegato (prima ancora che dimostrato) di aver subito “un danno materiale emergente ulteriore a quello normalmente discendente dal bisogno di disporre le opere” anzidette.

3. – Con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e della tariffa professionale del 2 giugno 2004.

Il giudice del gravame, senza tener conto delle specifiche note spese, di primo e di secondo grado, elaborate dal difensore dell’attrice ai sensi del D.M. n. 127 del 2004, avrebbe erroneamente liquidato d’ufficio le spese del doppio grado di giudizio secondo i parametri indicati dal D.M. n. 140 del 2012, nonostante l’attività professionale del detto procuratore si fosse esaurita ben prima dell’entrata in vigore della legge recante le nuove tariffe professionali.

3.1. L’esame della censura è assorbito dall’accoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo di ricorso, concernente l’an debeatur sul diritto al risarcimento per il danno biologico temporaneo, dovendo il giudice del gravame, a seguito della cassazione della sentenza impugnata, nuovamente provvedere alla liquidazione delle spese processuali.

4. – Va, dunque, rigettato il secondo motivo di ricorso, accolto il primo per quanto di ragione e dichiarato assorbito il terzo motivo.

La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, che dovrà delibare nuovamente la domanda risarcitoria della B. in riferimento al danno biologico temporaneo, tenuto conto dei principi giuridici di cui al p. 1.1.2. che precede.

Il giudice del rinvio dovrà provvedere, altresì, alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbito il terzo motivo dello stesso ricorso;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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