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Tutela della reputazione digitale.

Privacy-GDPR

Tutela della reputazione digitale: come ottenere la deindicizzazione da Google e cancellare notizie lesive

Deindicizzazione da Google e diritto all’oblio: quando la reputazione va difesa

Nel tempo di Internet, la memoria non dimentica.
Un articolo pubblicato dieci anni fa può ancora comparire oggi nei risultati di ricerca di Google, segnando ingiustamente la reputazione di una persona che ha già pagato, si è riabilitata o semplicemente desidera voltare pagina.
È in questi casi che entra in gioco il diritto all’oblio e la deindicizzazione dai motori di ricerca, strumenti giuridici essenziali per la tutela della reputazione online e della dignità personale.

Lo Studio Legale Calvello, con sede a Padova, da anni si occupa di deindicizzazione articoli da Google e rimozione di notizie online che arrecano danno a privati, professionisti e aziende.
Non si tratta di un concetto teorico, ma di un’attività concreta, fondata su interventi legali mirati, conoscenza della giurisprudenza più recente e una lunga esperienza in materia di diritto della privacy e tutela della reputazione digitale.

Un nostro caso recente — concluso con esito positivo — ne è la dimostrazione.
Una cliente si è rivolta allo Studio dopo aver scoperto che digitando il proprio nome su Google appariva ancora, in prima pagina, un articolo di cronaca del 2014 pubblicato da un quotidiano locale, nel quale veniva riportata una condanna con pena sospesa per appropriazione indebita.
Nonostante fossero trascorsi oltre dieci anni, la notizia continuava a emergere tra i risultati di ricerca, provocandole grave pregiudizio alla vita privata e professionale.

Il nostro intervento è stato immediato e articolato: dall’analisi preliminare della notizia (data, fonte, contenuto, interesse pubblico); alla richiesta di rimozione e anonimizzazione, al monitoraggio dei risultati di ricerca e successiva conferma dell’esito positivo.

Il risultato?
Nel giro di poche settimane, il nome della cliente è stato rimosso sia da Google che dal sito del giornale, restituendole la serenità e la possibilità di non essere più associata a un fatto ormai remoto.
Un caso che dimostra come, con una strategia giuridica solida e mirata, sia possibile ottenere la cancellazione di articoli lesivi e tutelare la propria reputazione online.

La deindicizzazione motore di ricerca non è solo un diritto, ma una necessità in una società in cui ogni informazione rimane potenzialmente eterna.
È uno strumento che consente a chiunque — dal cittadino comune all’imprenditore, dal medico al dirigente — di difendere il proprio nome, la propria carriera e la propria dignità digitale.

Il diritto all’oblio: cos’è, quando si applica e su quali basi giuridiche si fonda

Il diritto all’oblio è il diritto di ogni persona a non rimanere esposta, senza limiti di tempo, a una rappresentazione di sé ormai superata, che non rispecchia più la realtà e che arreca un danno alla reputazione personale o professionale.
In altre parole, è il diritto a non essere perennemente giudicati per un fatto passato, soprattutto quando tale fatto è stato già risolto, archiviato o superato dal tempo.

Le basi normative

Questo diritto trova fondamento nell’articolo 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), che disciplina il cosiddetto “diritto alla cancellazione”, stabilendo che l’interessato può ottenere la rimozione dei propri dati personali quando questi ad esempio:

  • non sono più necessari rispetto alle finalità originarie del trattamento;

  • sono stati trattati in modo illecito;

  • devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale.

In Italia, il diritto all’oblio è integrato anche nel Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003), come modificato dal D.Lgs. 101/2018, e ulteriormente tutelato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e dai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali.

Applicazioni pratiche

Nel lavoro dello Studio Legale Calvello, il diritto all’oblio si concretizza in interventi mirati:

  • rimozione o anonimizzazione di articoli su giornali online;

  • deindicizzazione di link da Google e da altri motori di ricerca;

  • tutela della reputazione online per professionisti, imprenditori e privati;

  • difesa contro diffamazioni digitali e pubblicazioni lesive.

Ogni caso richiede una valutazione personalizzata, ma la regola di fondo è una sola: se la notizia è vecchia, non più pertinente e continua a provocare un danno reputazionale concreto, possiamo attivarci in nome e per tuo conto per chiedere la deindicizzazione.

L’istanza deve essere redatta secondo i criteri stabiliti dal Garante per la protezione dei dati personali e dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che richiedono di bilanciare il diritto di cronaca con la tutela della riservatezza e della dignità della persona.

Il nostro caso reale: come abbiamo ottenuto la deindicizzazione da Google e dal giornale online

La forza di un diritto non sta solo nella teoria, ma nella sua applicazione concreta.
Uno dei casi più significativi trattati dal nostro Studio dimostra in modo evidente come il diritto all’oblio e la deindicizzazione da Google possano davvero restituire dignità e serenità a chi subisce un danno reputazionale.

Una donna, nostra assistita, si è rivolta allo Studio Legale Calvello dopo aver scoperto che digitando il proprio nome e cognome su Google appariva ancora un articolo di cronaca del 2014, pubblicato da un noto quotidiano locale.
La notizia riportava una condanna penale con pena sospesa per appropriazione indebita, un fatto risalente a oltre dieci anni prima, ormai privo di qualsiasi attualità.
Nel frattempo, la cliente aveva ricostruito la propria vita, ottenendo la riabilitazione e riprendendo un’attività lavorativa stabile. Tuttavia, la presenza di quell’articolo in prima pagina nei risultati di ricerca le provocava un danno concreto alla reputazione personale e professionale.

Analisi preliminare del caso

Abbiamo innanzitutto condotto un’analisi giuridica e tecnica approfondita, valutando:

  • la data della notizia (2014, quindi con un decorso temporale favorevole);

  • la natura del fatto (condanna con pena sospesa e riabilitazione intervenuta);

  • la mancanza di interesse pubblico attuale;

  • e l’impatto reputazionale ancora in atto, documentato da difficoltà lavorative e sociali.

La valutazione preliminare ha confermato che sussistevano pienamente i presupposti per la deindicizzazione: la notizia, seppur originariamente lecita, era ormai non più pertinente e lesiva della reputazione dell’interessata.

A seguito della nostra istanza, ecco il risultato finale:

  • il nome della cliente non è più reperibile su Google, né collegato alla notizia

  • il danno reputazionale è stato eliminato.

Monitoraggio e chiusura del caso

Come da prassi del nostro Studio, è stato attivato un monitoraggio costante della SERP per un mese successivo alla decisione, al fine di verificare che i link non ricomparissero nei risultati.
Conclusa la verifica, abbiamo potuto confermare alla cliente l’esito definitivo: deindicizzazione da Google e anonimizzazione dal sito del giornale.

Un caso emblematico che dimostra come il diritto all’oblio possa essere esercitato in modo concreto, attraverso azioni legali mirate e competenze specifiche nel diritto digitale, restituendo a chi ha subito un danno online la possibilità di ricostruire la propria identità digitale pulita.

Quando è possibile chiedere la deindicizzazione: tempi, condizioni e limiti del diritto all’oblio

Non ogni articolo o informazione negativa può essere cancellata da Internet.
Il diritto all’oblio e la deindicizzazione da Google si applicano soltanto quando sussistono specifiche condizioni che giustificano la prevalenza del diritto alla reputazione e alla riservatezza sul diritto di cronaca e di informazione.
Per questo motivo, prima di avviare qualsiasi azione, è fondamentale che un avvocato esperto in deindicizzazione e tutela della reputazione digitale valuti attentamente il caso concreto.

1. Il decorso del tempo come elemento principale

Il primo criterio è quello temporale.
La giurisprudenza italiana e i provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali concordano nel ritenere che, trascorso un congruo periodo di tempo, l’interesse pubblico a conoscere una notizia venga meno.
Nel nostro ordinamento non esiste una soglia rigida, ma in linea generale si ritiene che dopo 5-10 anni la pubblicazione di una notizia di cronaca perda la sua attualità, soprattutto quando (ma non solo):

  • il soggetto si è riabilitato;

  • non riveste ruoli pubblici o di rilievo sociale;

  • la notizia riguarda fatti di modesta gravità o già estinti.

In questi casi, è pienamente legittimo chiedere a Google la rimozione dei risultati di ricerca che riportano notizie ormai obsolete.

2. L’interesse pubblico e il diritto di cronaca

Il secondo elemento è la valutazione dell’interesse pubblico.
Il diritto all’oblio non può essere esercitato per oscurare fatti ancora di interesse generale o che riguardano persone pubbliche.
Tuttavia, la giurisprudenza ha stabilito che l’interesse pubblico deve essere attuale, concreto e proporzionato.
Se la notizia riguarda una persona comune e un episodio remoto, la deindicizzazione Google diventa non solo possibile, ma doverosa.

Il Garante Privacy, in più occasioni, ha ordinato a Google di rimuovere dai risultati di ricerca alcuni URL relativi a procedimenti giudiziari ormai chiusi, ribadendo che “la permanenza online di dati personali privi di attualità costituisce un trattamento illecito”.
Questo principio si applica a tutti i motori di ricerca e alle testate giornalistiche online.

3. La natura e la veridicità della notizia

Altro aspetto essenziale è la veridicità e la completezza del contenuto.
Se la notizia è parziale, imprecisa o non aggiornata (ad esempio, riporta una condanna senza indicare la successiva assoluzione o riabilitazione), la richiesta di rimozione o anonimizzazione è ancora più fondata.
L’assenza di aggiornamento rende infatti l’informazione fuorviante e sproporzionata, violando i principi di correttezza e pertinenza del trattamento dei dati personali.

In diversi casi analoghi, il Garante ha riconosciuto il diritto all’oblio proprio per la mancanza di aggiornamento della notizia, ordinando al giornale di integrare o modificare l’articolo.

4. Il danno alla reputazione digitale

Infine, la richiesta di deindicizzazione trova fondamento anche nella dimostrazione del pregiudizio concreto.
Una persona può provare il danno subito allegando:

  • difficoltà a ottenere un impiego;

  • segnalazioni o commenti discriminatori;

  • perdita di opportunità commerciali;

  • o situazioni di disagio personale legate alla visibilità della notizia.

Nel caso trattato dal nostro Studio, la cliente aveva documentato l’impatto diretto della notizia sulla propria vita professionale, elemento decisivo per l’accoglimento della richiesta di rimozione articolo giornale online e deindicizzazione dai motori di ricerca.

5. Quando la deindicizzazione non è concessa

Non sempre, tuttavia, la richiesta può essere accolta.
La deindicizzazione viene generalmente negata quando:

  • la notizia riguarda reati di particolare gravità o di rilevanza pubblica;

  • la persona ricopre una carica pubblica o è un personaggio noto;

  • la vicenda è ancora attuale o oggetto di indagini giornalistiche;

  • la rimozione inciderebbe sulla libertà di informazione.

In ogni altra ipotesi, la valutazione viene condotta in base al principio di proporzionalità: se l’informazione è divenuta sproporzionata rispetto alle finalità originarie, prevale il diritto della persona alla riservatezza e alla tutela della reputazione online.

Perché affidarsi a uno studio legale esperto in deindicizzazione e diritto all’oblio

La deindicizzazione da Google e la rimozione di articoli online non sono procedure standardizzate, ma interventi che richiedono competenza giuridica, esperienza pratica e conoscenza approfondita delle prassi dei motori di ricerca e delle testate giornalistiche.
Un errore nella strategia, una motivazione incompleta o un approccio generico possono compromettere irrimediabilmente l’esito di una richiesta di diritto all’oblio.

Per questo, sempre più persone e professionisti scelgono di affidarsi a uno studio legale esperto nella tutela della reputazione digitale.
Nel nostro caso, lo Studio Legale Calvello ha maturato negli anni un’esperienza concreta e misurabile in materia di privacy, web reputation e deindicizzazione / cancellazione di articoli lesivi, ottenendo concreti risultati.

A differenza di chi propone soluzioni automatiche o servizi informatici “chiavi in mano”, il nostro intervento è interamente giuridico e personalizzato, perché ogni situazione richiede una valutazione caso per caso:

  • Analizziamo il contesto: la data, la gravità del fatto, la fonte, la diffusione e il danno reputazionale;

  • Valutiamo la proporzionalità tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza;

  • Costruiamo un percorso legale su misura, calibrato su normativa, giurisprudenza e obiettivi del cliente;

  • Assistiamo il cliente fino al risultato finale, monitorando la SERP e prevenendo nuove pubblicazioni pregiudizievoli.

La differenza sostanziale è che la nostra strategia è fondata su diritto, non su algoritmi.
Dietro ogni caso vinto ci sono argomentazioni giuridiche precise, provvedimenti del Garante Privacy, e la capacità di trasformare norme e precedenti in risultati concreti.

In un’epoca in cui la reputazione digitale è parte integrante della vita professionale, la deindicizzazione da Google non è solo un diritto da rivendicare, ma un vero e proprio strumento di difesa personale e professionale.
Aver gestito con successo casi reali, come quello della cliente che ha ottenuto la rimozione del suo nome dal motore di ricerca e dal giornale online, rappresenta la migliore dimostrazione di efficacia di un intervento legale ben strutturato.

Esempi di vita reale: come cambia la reputazione dopo la deindicizzazione

Molti pensano che la deindicizzazione da Google sia solo una questione tecnica, un atto burocratico.
In realtà, dietro ogni richiesta accolta c’è una storia di vita personale e professionale che cambia in modo tangibile.
Chi subisce un danno reputazionale online non vive semplicemente un disagio psicologico, ma si trova spesso ad affrontare conseguenze concrete: difficoltà nel trovare lavoro, perdita di clienti, diffidenza da parte di colleghi o fornitori, persino problemi familiari.

Quando un articolo datato o ingiusto sparisce dai risultati di ricerca, la percezione di sé e degli altri cambia radicalmente.
Nel momento in cui una persona non viene più associata a un episodio negativo — soprattutto se remoto — recupera la propria identità digitale e la libertà di vivere senza l’ombra costante di un passato che non la rappresenta più.

Domande Frequenti sul diritto all’oblio e sulla deindicizzazione da Google

1. Cos’è la deindicizzazione da Google?
La deindicizzazione da Google è la procedura che consente di far rimuovere dai risultati del motore di ricerca i link che contengono informazioni personali lesive, non più attuali o non pertinenti. L’articolo resta online, ma non appare più quando si digita il nome dell’interessato.

2. Qual è la differenza tra deindicizzazione e cancellazione di un articolo?
La deindicizzazione agisce sul motore di ricerca (Google, Bing, ecc.), impedendo che un contenuto venga mostrato nei risultati.
La cancellazione, invece, riguarda l’eliminazione dell’articolo direttamente dal sito web che lo ospita.

3. Quando posso chiedere la deindicizzazione a Google?
È possibile richiederla quando la notizia è datata, non più attuale, fuorviante, oppure quando la sua permanenza online arreca un danno reputazionale.

4. Il diritto all’oblio si applica anche a notizie vere?
Sì. Anche una notizia vera può essere deindicizzata o anonimizzata se è divenuta sproporzionata rispetto alla finalità informativa e continua a ledere la reputazione dell’interessato.

5. Posso chiedere la rimozione di articoli pubblicati su giornali online?
Sì, è possibile presentare una richiesta di rimozione o anonimizzazione direttamente alla testata giornalistica, invocando il diritto all’oblio e il principio di proporzionalità previsto dal GDPR.

6. Quanto tempo serve per ottenere la deindicizzazione?
La tempistica varia: in alcuni casi Google risponde entro poche settimane, ma se è necessario coinvolgere il Garante Privacy o la testata giornalistica, i tempi possono estendersi fino a qualche mese.

7. La deindicizzazione è valida solo in Italia?
Di norma sì: la rimozione riguarda le versioni europee del motore di ricerca. Tuttavia, con richiesta motivata, Google può estendere la deindicizzazione anche ad altre versioni internazionali (come google.com).

8. Posso chiedere la deindicizzazione se ho avuto una condanna penale?
Sì, se sono trascorsi molti anni, la pena è stata espiata o si è ottenuta la riabilitazione, e non sussiste più un interesse pubblico attuale, la persona ha pieno diritto a chiedere la rimozione dell’articolo e la deindicizzazione del proprio nome.

9. Cosa succede se Google rifiuta la mia richiesta di deindicizzazione?
In caso di rigetto, è possibile presentare reclamo al Garante per la protezione dei dati personali o, in ultima istanza, ricorso al Tribunale ordinario.
Il Garante può ordinare direttamente a Google la rimozione dei link.

10. Quanto costa rivolgersi a uno studio legale per la deindicizzazione?
I costi variano in base alla complessità del caso, al numero di link e alle testate coinvolte.


Lo Studio Legale Calvello adotta una struttura trasparente: un preventivo iniziale per la fase di esame estudio del caso e un eventuale compenso successivo solo in caso di risultato positivo (deindicizzazione/cancellazione), comprensivo di monitoraggio della reputazione online.

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