Restituzione somme da conto cointestato: il cointestatario deve provare il diritto sulle somme prelevate
LA VICENDA
Due coniugi, in separazione dei beni, avevano aperto un conto corrente cointestato. Durante il giudizio di separazione, ma con separato procedimento, la moglie chiedeva la restituzione delle somme che il marito aveva prelevato dal conto, sostenendo che quel conto era alimentato esclusivamente con denaro di sua pertinenza.
Il Tribunale ha ritenuto la domanda ammissibile, non essendo connessa al giudizio di separazione. Nel merito ha precisato che la presunzione di pari titolarità delle somme vale solo nei rapporti tra banca e correntisti, mentre nei rapporti interni tra cointestatari si applica l’art. 1298, comma 2, c.c.: ciascuno è titolare solo della quota corrispondente a quanto effettivamente versato.
Poiché il convenuto aveva prelevato somme oltre la propria spettanza, il Tribunale lo ha condannato alla restituzione delle somme indebitamente sottratte.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO RICHIAMATO DAL TRIBUNALE
Il cointestatario che preleva somme provenienti esclusivamente dall’altro correntista ne risponde nei confronti di quest’ultimo, non potendo invocare la presunzione di contitolarità del conto corrente prevista solo nei rapporti esterni con la banca.
LA SENTENZA
Tribunale Roma, Sez. XVII, Sent., 27/09/2025, n. 13220
(omissis)
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con atto di citazione notificato in data 20/6/2023 R.M. conveniva in giudizio avanti all’intestato Tribunale C.M.T. chiedendone la condanna alla restituzione della somma di Euro 28.700,00, risultante dai prelievi effettuati dal convenuto dal conto corrente n. (…) aperto dalle parti presso la F. S.p.A. il 24/10/2016.
L’attrice esponeva che il suddetto conto corrente era stato alimentato esclusivamente dalla M., ma che a maggio 2023, a seguito di un controllo degli estratti conto bancari, si era avveduta che il T. aveva prelevato dal conto corrente i seguenti importi:
– Euro 1.200,00 l’11/1/2023 mediante bonifico a favore di S.T.R., collaboratrice domestica del convenuto;
– Euro 1.500,00 l’11/1/2023 con bonifico a favore di C.T., figlia del convenuto, a titolo di contributo per spese condominiali dell’appartamento sito in via B. n. 14;
– Euro 20.000,00 il 13/2/2023 mediante giroconto a favore del T. stesso, su un conto corrente intestato soltanto a quest’ultimo;
– il 16/2/2023 Euro 6.000,00 con bonifico a favore di se stesso.
La M. deduceva che, nel caso di specie, la presunzione di contitolarità delle somme giacenti sul conto corrente cointestato ex art. 1854 c.c. era superata dai documenti comprovanti che i versamenti erano stati effettuati dalla sola attrice e concludeva come in epigrafe.
2. Dichiarata la contumacia del convenuto con decreto del 17/10/2023 e decorsi i termini ex art. 171-ter nn. 1 e 2 c.p.c., con comparsa depositata l’11/12/2023 si costituiva in giudizio C.M.T., eccependo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità o l’improcedibilità della domanda attorea, deducendo che la comunione legale tra le parti, ex coniugi, si era sciolta il 20/7/2023, con l’emissione dell’ordinanza emessa nella fase presidenziale del giudizio di separazione.
Nel merito, il convenuto, premesso il richiamo alla disciplina in materia di spese rimborsabili e non rimborsabili dopo lo scioglimento della comunione tra coniugi, eccepiva che il conto corrente controverso era stato alimentato esclusivamente da propri versamenti personali, quali: Euro 30.000,00 il 22/7/2016 con l’assegno n. (…) tratto da C.M.T. sul c/c n. (…) acceso presso la U. S.p.A. ed Euro 5.000,00 l’11/6/2016 con bonifico, sicché la pretesa restitutoria dell’attrice era infondata.
3. Con la memoria ex art. 171-ter, n. 3 c.p.c. dell’11/12/2023 la M. eccepiva la decadenza della controparte dalla proposizione di eccezioni non rilevabili d’ufficio e dalla produzione di documenti non costituenti prova contraria e precisava che gli ex coniugi T. – M. il avevano scelto il regime patrimoniale della separazione dei beni. L’attrice contestava che il conto corrente su cui si controverte fosse stato alimentato in via esclusiva da versamenti del convenuto, evidenziando che i due documenti all’uopo prodotti da quest’ultimo non si riferivano al conto corrente de quo, poiché l’assegno era datato 22/7/2016, il versamento di Euro 5.001,15 portava la data dell’11/8/2016, mentre il conto corrente cointestato era stato aperto il 24/10/2016.
Con la memoria ex art. 171-ter, n. 3 c.p.c. dell’11/12/2023 il T. eccepiva, inoltre, l’improcedibilità dell’avversa azione per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria.
In seguito, assegnati alla parte attrice i termini ex art. 183, co. VI c.p.c., il giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 25/9/2025, sostituita dal deposito telematico di note scritte, al cui esito, sulle conclusioni rassegnate, rimetteva la causa in decisione ex art. 281-quinquies c.p.c.
4. L’eccezione pregiudiziale di improcedibilità dell’azione attorea per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria è infondata. Premessa la tempestività dell’eccezione, essendo stata sollevata da C.M.T. con la memoria ex art. 171-ter, n. 3 c.p.c., entro il termine previsto dall’art. 3, comma 3 del D.Lgs. n. 28 del 2010, che onera il convenuto di proporre la suddetta eccezione di improcedibilità, a pena di decadenza, non oltre la prima udienza, si rileva che la presente controversia non rientra tra quelle per cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità, poiché attiene al rapporto tra i cointestatari di un conto corrente. La Suprema Corte ha adottato, infatti, una lettura rigorosa e non estensiva della nozione di “contratti bancari e finanziari” per cui la legge prescrive l’obbligo della mediazione. Al riguardo è stato infatti affermato che la norma che prevede l’esperimento della mediazione come condizione di procedibilità per i contratti “bancari e finanziari” contiene un chiaro richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993), e alla contrattualistica relativa agli strumenti finanziari disciplinata dal testo unico finanziario (D.Lgs. n. 58 del 1998) (Cass. civ. n. 31209 del 21/10/2022).
5. Nel merito, relativamente alla causa petendi, R.M. chiede la condanna di C.M.T. alla ripetizione dell’importo di Euro 28.700,00, risultante dai prelievi effettuati dal convenuto dal conto corrente n. (…) aperto dalle parti il 24/10/2016, durante il loro rapporto di coniugio, presso la F. S.p.A., deducendo che il suddetto conto corrente era stato alimentato con versamenti provenienti esclusivamente dall’attrice.
C.M.T. eccepisce l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’avversa domanda in quanto proposta anteriormente allo scioglimento della comunione legale tra i coniugi.
L’eccezione è infondata.
Dall’estratto per riassunto del Registro degli atti di matrimonio del 10/5/2022 risulta che le parti hanno contratto matrimonio l’11/9/2010, anno 2000, atto (…), parte 2, serie A02 e che, con dichiarazione resa nell’atto di matrimonio, gli sposi hanno scelto il regime di separazione dei beni, quindi la presente azione è ammissibile ed è stata ritualmente proposta, in mancanza della comunione tra i coniugi da sciogliere. Non vi è, dunque, connessione tra la presente causa e il giudizio di separazione coniugale pendente tra le parti.
6. Nel merito, la domanda è fondata.
In tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. Cass. sez. un. n. 13533 del 30/10/2001).
Osserva la costante giurisprudenza in un caso analogo a quello portato all’esame dell’adito giudice che l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ex art. 2697, comma 1, c.c., a provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione; ed infatti l’esistenza di un contratto di mutuo non può desumersi dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale, di per sé, a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens – ammessa la ricezione – non confermi, altresì, il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa, ma ne contesti, anzi, la legittimità), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e, come tale, determinare l’inversione dell’onere della prova (cfr. Cass. civ. n. 24328 del 16/10/2017).
Tanto premesso, nella fattispecie viene in rilievo un rapporto di conto corrente disciplinato dagli artt. 1823 e ss. c.c.: trattasi del contratto con cui le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto.
Ai sensi dell’art. 1854 c.c. in materia di operazioni bancarie in conto corrente, inoltre, in caso di conto cointestato, con facoltà dei correntisti di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.
Nondimeno, tale praesumptio iuris di parità di crediti e debiti vige nei soli rapporti tra la banca e i correntisti; al contrario, nei rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298, comma 2, c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo di deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto.
Ne consegue che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Peraltro, pur ove si dica insuperata la presunzione di parità delle parti, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto (cfr. Cass. civ. n. 77 del 04/01/2018).
Nella specie, dalla produzione documentale attorea risulta che il conto corrente n. (…) acceso dalle parti presso la F. S.p.A. il 24/10/2016 è stato alimentato con versamenti effettuati dalla sola M., come emerge per tabulas dal doc. n. 2 allegato all’atto di citazione, da cui risulta che l’odierna attrice ha effettuato il versamento sul conto di Euro 30.000,00 il 7/11/2016 mediante bonifico con contabile girofondi, cui è conseguito il saldo del conto corrente alla data del 31/12/2016 di Euro 30.020,75.
E’ parimenti provato che il T. ha effettuato i seguenti prelievi dal conto corrente n. n. (…):
– Euro 1.200,00 l’11/1/2023 mediante bonifico a favore di S.T.R., collaboratrice domestica del convenuto;
– Euro 1.500,00 l’11/1/2023 con bonifico a favore di C.T. a titolo di contributo per spese condominiali dell’appartamento dell’immobile sito in via B. n. 14;
– Euro 20.000,00 il 13/2/2023 mediante giroconto a favore dello stesso T., su un conto corrente intestato soltanto a quest’ultimo;
– Euro 6.000,00 il 16/2/2023 con bonifico a favore di se stesso,
per complessivi Euro 28.700,00.
C.M.T. eccepisce di aver alimentato il conto corrente controverso con versamenti da lui effettuati con proprie risorse in misura maggiore del valore dei prelievi effettuati e denunciati dall’attrice.
L’eccezione è priva di pregio.
E’ inammissibile in quanto tardiva la produzione documentale del T. allegata alla comparsa di risposta, depositata l’11/12/2023, dopo lo spirare dei termini ex art. 171-ter, nn. 1 e 2 c.p.c. e nelle more del termine per il deposito della terza memoria ex art. 171-ter c.p.c., non atteggiandosi a prova contraria, posto che la M. non ha depositato alcun documento con le memorie ex artt. 171-ter, nn. 1 e 2 c.p.c..
Ad abundantiam, quand’anche i documenti prodotti dal T. fossero ritenuti ammissibili quali prove contrarie alle prove dirette offerte dall’attrice con l’atto di citazione, sarebbero comunque inidonei a comprovare la titolarità in capo al convenuto di poste attive del conto correnti di valore maggiore dei prelievi effettuati.
In particolare, l’assegno n. (…) di Euro 30.000,00 risulta emesso dal T. il 22/7/2016 e il versamento di Euro 5.001,15 è datato 11/8/2016, mentre il conto corrente controverso è stato aperto il 24/10/2016: i suddetti versamenti non risultano, dunque, riferibili al conto corrente per cui è causa.
Ne consegue, in accoglimento della domanda attorea, la condanna di C.M.T. al pagamento in favore di R.M. della somma di Euro 28.700,00.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del convenuto.
Nondimeno, avuto riguardo alle questioni trattate, non ricorrono i presupposti di cui all’articolo 96 c.p.c., quindi la relativa domanda risarcitoria dell’attrice deve essere respinta.
P.Q.M.
visto l’art. 281-quinquies c.p.c.;
il Tribunale Ordinario di Roma, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta con atto di citazione notificato in data 20/6/2023 da R.M. avverso C.M.T., contrariis reiectis:
DICHIARA tenuta e, per l’effetto, CONDANNA C.M.T. al pagamento in favore di R.M. della somma di Euro 28.700,00;
RIGETTA la domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c. proposta dall’attrice;
CONDANNA C.M.T. al pagamento in favore di R.M. delle spese di lite, che liquida in Euro 545,00 per spese ed Euro 7.000,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2025.
Depositata in Cancelleria il 27 settembre 2025.
Sei hai bisogno di una consulenza legale CLICCA QUI