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Spese legali stragiudiziali e giudiziali

Spese stragiudiziali: sono dovute e la Cassazione spiega anche come vanno calcolate

Spese stragiudiziali: sono dovute e la Cassazione spiega anche come vanno calcolate (Cass. 4306/2019)

CONSIDERAZIONI

Capita molto spesso (se non sempre) che le Compagnie – qualora non si definisca transattivamente un sinistro e si accetti, quindi, la somma offerta solo a titolo di acconto sul maggior danno -, non riconoscano alcun importo per l’attività stragiudiziale fino a quel punto resa dal difensore. Dopodiché, una volta incardinato il giudizio civile affinchè il danneggiato si veda legittimamente riconosciuto l’integrale risarcimento, quegli importi, talvolta anche considerevoli, (come nel caso di specie) “passano in cavalleria”. Questa è una vera e propria ingiustizia ed un indebito regalo che troppo spesso i giudici di merito offrono alle Compagnie. Fortunatamente gli Ermellini hanno, ancora una volta, chiarito che le spese stragiudiziali (alla presenza di determinati presupposti) vanno assolutamente riconosciute, indicando anche i criteri per la loro corretta determinazione. Ottimo! (CC)

 I PRINCIPI ENUNCIATI DALLA CORTE

In materia di spese stragiudiziali, «in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, [..] sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie».

Inoltre,

«Le prestazioni stragiudiziali che siano strettamente dipendenti dal mandato relativo alla difesa, sì da potersi considerare attività strumentale o complementare di quella propriamente processuale, hanno, anche esse, natura di prestazioni giudiziali, come la preventiva richiesta di risarcimento del danno all’assicuratore ai sensi della legge n. 990 del 1969, che integra esercizio di attività stragiudiziale puramente strumentale a quella giudiziale, essendo condizione per la proponibilità dell’azione risarcitoria»

Tali spese giudiziali non vanno calcolate in base al valore residuale della pretesa giudiziale ma per l’intero ammontare complessivamente riconosciuto in via stragiudiziale e giudiziale.

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Civile Ord. Sez. 3 Num. 4306 Anno 2019
Presidente: OLIVIERI STEFANO
Relatore: FIECCONI FRANCESCA
Data pubblicazione: 14/02/2019

ORDINANZA

sul ricorso 9081-2016 proposto da:

BRACCI ALFONSO, BRACCI GIACINTA, elettivamente domiciliati in ROMA, VLE DELLE MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato FABIO BORGOGNONI, che li rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del dott. GIOVANNI DIGITO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L DRUSILLA 13, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA ROMAGNINO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 867/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/02/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;

 RILEVATO IN FATTO

  1. A seguito domanda di risarcimento avanzata dai sig.ri Alfonso e Giacinta Bracci, congiunti del sig. Fulviano Bracci, deceduto in occasione del sinistro stradale occorso in data 21/11/2006, l’Ina Assitalia s.p.a., nella qualità di Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, offriva ai sig.ri Bracci la somma di C 328.000,00 a titolo di risarcimento danni non patrimoniali. I sig.ri Bracci accettavano in parte l’offerta in data 1/7/2008 ed inoltravano alla società, in data 3/7/2008, la nota spese relativa all’attività professionale svolta nel sinistro in oggetto, senza ottenere risposta. I sig.ri Bracci ricorrevano quindi al Tribunale di Roma, a causa dell’inerzia della Compagnia Assicurativa, per vederla condannare al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali, nonché, in ogni caso, al pagamento delle spese e competenze relative all’attività extragiudiziale svolta dal difensore di parte attrice e al pagamento delle spese del grado di giudizio. ma Assitalia s.p.a. si costituiva e chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza in fatto ed in diritto. Con sentenza n. 10169/2012 del 17/5/2012, il Tribunale di Roma condannava la società al pagamento in favore degli attori di ulteriori complessivi C 211.922,35 per danni non patrimoniali, maggiorati di interessi, nonché alla rifusione delle spese di giudizio.
  1. Con atto di citazione in appello notificato in data 28/12/2012, i sig.ri Bracci adivano la Corte d’Appello di Roma e chiedevano la riforma della sentenza n. 10169/2012, riproponendo la domanda di pagamento delle spese legali della fase stragiudiziale dovute al difensore di parte, pari a C 36.228,56. ma Assitalia s.p.a. si costituiva e contestava la fondatezza della pretesa sia con riguardo all’an, che con riguardo al quantum. Con sentenza n. 10/2/2016, notificata in data 16/2/2016, la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello e condannava gli attori a rifondere alla società assicurativa le spese del grado.
  2. Avverso tale provvedimento, i sig.ri Bracci proponevano ricorso innanzi a questa Corte con atto notificato in data 8/4/2016, deducendo quattro motivi di gravame. La ma Assitalia s.p.a. si costituiva con atto in data 13/5/2016 e chiedeva il rigetto dell’impugnazione. Il pubblico Ministero interveniva concludeva come in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 254 del 18 luglio 2006, ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove la Corte d’Appello ha stabilito che la fattispecie in oggetto viene disciplinata dall’art. 9, comma 2, del menzionato decreto, nella parte in cui sancisce che «nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medicolegale per i danni alla persona». Il ricorrente contesta l’applicabilità di tale normativa ratione temporis al caso di specie, in quanto il sinistro è avvenuto in data 21/11/2006, mentre il regolamento è entrato in vigore per i sinistri verificatisi a partire dall’1/2/2007. Inoltre, il ricorrente contesta l’applicabilità della norma in quanto nulla per contrasto con l’art. 24 della Costituzione, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

1.1. Il motivo è fondato. La Corte d’Appello, infatti, a prescindere dalla normativa de qua, non applicabile ratione temporis, non ha tenuto conto dell’orientamento formatosi nella giurisprudenza di questa Corte in materia di spese stragiudiziali, secondo il quale «in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, [..] sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie» (Cass. civ., sez. III, n. 11154/2015; Cass. civ., sez. III, n. 3266/2016; cass. 6422/2017 ).

  1. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della legge n. 990/1969, del D. Lgs. n. 209/2005, della prassi giurisprudenziale e del D.M. 127/2004, ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove la Corte d’Appello ha disconosciuto le competenze professionali per l’attività svolta dal legale in via stragiudiziale.

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. In conformità alla consolidata prassi giurisprudenziale di liquidare le competenze professionali dovute al difensore per la parte stragiudiziale in forma di spese giudiziali, il criterio citato dalla Corte d’Appello, in linea di principio, corrisponde a quello già enunciato in Cass. civ., sez. II, n. 2034/1994 secondo cui «le prestazioni stragiudiziali che siano strettamente dipendenti dal mandato relativo alla difesa, sì da potersi considerare attività strumentale o complementare di quella propriamente processuale, hanno, anche esse, natura di prestazioni giudiziali, come la preventiva richiesta di risarcimento del danno all’assicuratore ai sensi della legge n. 990 del 1969, che integra esercizio di attività stragiudiziale puramente strumentale a quella giudiziale, essendo condizione per la proponibilità dell’azione risarcitoria» (v. anche Cass-Sez. II,2275/2006 e Cass. Sez. III,6422/2017).

2.3. Nel caso di specie, tuttavia, le spese giudiziali sono state calcolate in base al valore residuale della pretesa giudiziale contestata dalla compagnia assicuratrice e non per l’intero ammontare complessivamente riconosciuto in via stragiudiziale e giudiziale. La Corte d’Appello, pertanto, non ha correttamente applicato il principio sopra indicato.

  1. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2720 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove la Corte d’Appello non ha dato atto della mancata contestazione da parte della società della domanda relativa al pagamento delle spese legali nella fase stragiudiziale, né nell’an, né nel quantum, e del valore confessorio della missiva inviata a suo tempo dall’Ina Assitalia stessa. La missiva della Compagnia Assicuratrice non può tuttavia considerarsi di per sé quale atto di riconoscimento dell’an e quantum, ma di dichiarazione di disponibilità a valutare la sussistenza della pretesa, avendo la Corte indicato che in tale missiva non è desumibile un carattere confessorio.

3.1. Il motivo è in parte assorbito per effetto dell’accoglimento dei motivi di cui sopra in linea di diritto, in merito all’an debeatur, e infondato in merito al quantum debeatur. Difatti, l’art. 115 cod.proc.civ., sul principio di non contestazione, come novellato il 4 luglio 2009, non è applicabile al caso di specie, posto che la domanda giudiziale è stata introdotta il 20/2/2009.

  1. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 5, cod. proc. civ., in relazione alla motivazione secondo cui risulterebbe generica la richiesta delle spese stragiudiziali perché non specificata voce per voce nell’atto di appello. Il ricorrente contesta il mancato esame da parte del Giudice di secondo grado dei fatti e dei documenti richiamati, dedotti nell’atto di appello, a supporto della domanda di liquidazione della parcella professionale per le spese stragiudiziali.

4.1. Il motivo è fondato poiché, in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione di secondo grado, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare la documentazione indicata come fonte di prova, e non pretendere, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, la indicazione specifica delle singole voci della parcella nei motivi di appello, non trattandosi di istanze istruttorie non accolte da reiterare, bensì di pretesa non accolta di cui si chiede un riesame nel merito. Al riguardo, occorre considerare I’ effetto devolutivo dell’appello come sancito dalle SS. UU. di questa Corte, con sentenza n. 27199 del 16/11/2017: «… la riforma del 2012 non ha trasformato, come alcuni hanno ipotizzato, l’appello in un mezzo di impugnazione a critica vincolata. L’appello è rimasto una revisio prioris instantiae; e i giudici di secondo grado sono chiamati in tale sede ad esercitare tutti i poteri tipici di un giudizio di merito, se del caso svolgendo la necessaria attività istruttoria, senza trasformare l’appello in una sorta di anticipato ricorso per cassazione. La diversità tra il giudizio di appello e quello di legittimità va fermamente ribadita proprio alla luce della portata complessiva della riforma legislativa del Ric. 2015 n. 18868 sez. SU – ud. 10-10-2017-15- 2012 la quale, come ha osservato l’ordinanza interlocutoria, mentre ha introdotto un particolare filtro che può condurre all’inammissibilità dell’appello a determinate condizioni (artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ.), ha nel contempo ristretto le maglie dell’accesso al ricorso per cassazione per vizio di motivazione; il che impone di seguire un’interpretazione che abbia come obiettivo non quello di costruire un’ulteriore ipotesi di decisione preliminare di inammissibilità, bensì quello di spingere verso la decisione nel merito delle questioni poste. >>.

  1. Conclusivamente, il ricorso è fondato relativamente ai motivi n. 1,2 e 4, con assorbimento del terzo motivo; per l’effetto la Corte cassa la sentenza per quanto di ragione e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione collegiale, affinché decida anche per le spese.

P.Q.M.

  1. Accoglie il ricorso relativamente ai motivi n. 1,2 e 4, con assorbimento del terzo motivo;
  2. Per l’effetto cassa la sentenza, e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione collegiale, affinché decida anche per le spese.

Così deciso in Roma il 4 aprile 2018

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Studio Legale Calvello