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Spese legali stragiudiziali e giudiziali

Le spese per le consulenze tecniche (d’ufficio e di parte) gravano sul soccombente

Le spese per le consulenze tecniche (d’ufficio e di parte) gravano sul soccombente

Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-01-2014, n. 1771

IL PASSO SALIENTE DELLA SENTENZA

[…] il Tribunale di Rovigo, dopo aver affermato che la banca opposta doveva essere condannata alle spese in base al principio della soccombenza, ha totalmente omesso ogni pronuncia sia in ordine alle spese liquidate provvisoriamente a favore del c.t.u., poste a carico di entrambe le parti, sia in ordine a quelle del c.t. di parte; anche per queste ultime, oltre che, ovviamente, per le prime, la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito il diritto al rimborso in favore della parte vittoriosa, stante la natura di allegazione difensiva tecnica riconosciuta alla c.t. di parte (sentenze 16 giugno 1990, n. 6056, e 3 gennaio 2013, n. 84).

 

LA SENTENZA INTEGRALE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10240/2008 proposto da:

C.L. (OMISSIS), C.F., C. S., S.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 35/B, presso lo studio dell’avvocato BANDINI ANDREA, rappresentati e difesi dall’avvocato CORRAINI Antonio giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO PADANA ORIENTALE SAN MARCO S.C. A R.L., in persona del legale rappresentante Presidente del Consiglio di Amministrazione Dott. L.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94 INT 8, presso lo studio dell’avvocato FIORE Giovanna, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BRIZZOLARI MICHELE, BRIZZOLARI FULVIO giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 201/2007 del TRIBUNALE di ROVIGO, depositata il 10/04/2007, R.G.N. 746/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato EDOARDO TORALDO per delega;

udito l’Avvocato MICHELE BRIZZOLARI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

  1. C.L., F. e S. proponevano opposizione, davanti al Tribunale di Rovigo, avverso l’esecuzione immobiliare iniziata e proseguita dalla Banca di credito cooperativo padana orientale S. Marco in forza di un contratto di mutuo fondiario ipotecario.

Si costituiva la Banca proponendo alcune eccezioni preliminari e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza del 10 aprile 2007 il Tribunale accertava che il credito per il quale l’istituto aveva il diritto di agire in via esecutiva era pari ad Euro 456.379,88; dichiarava che la Banca era tenuta a restituire agli opponenti, a titolo di interessi ed altro, la somma di Euro 164.148,07; operava la compensazione tra i rispettivi crediti, dichiarando che la Banca poteva agire per il residuo, e condannava la medesima, siccome soccombente, al pagamento delle spese di lite.

Osservava il Tribunale che la domanda degli opponenti relativa all’accertamento del criterio anatocistico utilizzato per il calcolo della somma azionata a titolo di mutuo era fondata, sulla base di un pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità. La verifica operata dal c.t.u. all’uopo nominato aveva consentito di accertare che la somma effettivamente dovuta a titolo di mutuo era quella sopra riportata, e non la maggiore di Euro 478.954,61 effettivamente precettata dalla Banca. Quanto agli interessi, l’indebito criterio di computo degli stessi consentiva di affermare l’esistenza di un credito degli opponenti, da porre appunto in compensazione con quello della Banca.

Il Tribunale, inoltre, riteneva tardiva rispetto alle regole in tema di preclusioni istruttorie la possibilità, per gli opponenti, di produrre ulteriori estratti conto rispetto a quelli prodotti tempestivamente, anche perchè lo stesso c.t.u. aveva rilevato che la frammentarietà degli stessi non avrebbe comunque consentito “di effettuare un calcolo più veritiero”.

  1. Avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo propongono ricorso C.L., F. e S., con unico atto affidato a sei motivi, di cui tre attinenti al merito ed altri tre in punto di liquidazione delle spese di lite.

Resiste la Banca di credito cooperativo padana orientale S. Marco con controricorso.

Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 184 cod. proc. civ., nonchè contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Rilevano i ricorrenti che il loro difensore aveva chiesto, all’udienza di precisazione delle conclusioni, la rimessione della causa in istruttoria al fine di consentire l’espletamento di un supplemento di consulenza tecnica. Ciò in quanto il c.t. di parte aveva prodotto in precedenza una serie di estratti conto che avrebbero consentito di valutare, in rapporto al contratto di mutuo intercorso fra le parti, un arco temporale più ampio; la richiesta era stata respinta dal c.t.u., che aveva dichiarato di non tenere conto di detta documentazione. Il Tribunale, nel dichiarare in sentenza la tardività della produzione, non avrebbe tenuto conto della propria precedente ordinanza istruttoria con la quale era stata autorizzata l’acquisizione, da entrambe le parti, degli estratti conto dei quali era stata ordinata l’esibizione ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ., ampliando in tal modo la portata di quel mezzo istruttorio, in origine chiesto dai ricorrenti nei confronti della Banca.

Sussisterebbe, pertanto, una violazione dell’art. 184 cod. proc. civ., nonchè una contraddizione nella motivazione per il fatto che il Tribunale, dopo aver escluso l’esistenza di un termine per la produzione ai sensi del citato art. 210, ha poi dichiarato gli opponenti decaduti dalla possibilità di produrre ulteriori documenti.

1.1. Il motivo non è fondato.

La sentenza impugnata costruisce la propria motivazione su questo punto attraverso i seguenti passaggi logici: 1) la Banca opposta, a seguito dell’ordine di esibizione del giudice, aveva esibito gli estratti conto risalenti all’indietro per il periodo di dieci anni, sicchè nessun addebito di negligenza le poteva essere mosso ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ.; 2) gli opponenti, ove avessero voluto ricostruire un periodo ancora più lontano, avrebbero potuto (e dovuto) conservare gli estratti conto per poi produrli in giudizio;

3) la produzione di ulteriori estratti conto era, quindi, da ritenere tardiva e comunque irrilevante, in quanto il c.t.u. aveva dichiarato di non potere effettuare, sulla base degli stessi, un conteggio più veritiero.

Si tratta, com’è facile intuire, di una motivazione stringente, priva di vizi logici, che resiste alle censure. I ricorrenti, infatti, oltre a lamentare la presunta violazione dell’ordinanza istruttoria emessa dal Tribunale in data 9 maggio 2006, senza però riportarne il contenuto – in violazione della previsione di cui all’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6) – sostengono che l’ordine di esibizione di cui all’art. 210 cod. proc. civ., li avrebbe, in sostanza, rimessi in termini ai fini della produzione di ulteriore documentazione. Tale tesi non risponde affatto alla logica dell’art. 210 cod. proc. civ., perchè l’ordine di esibizione dato alla banca non rimette di per sè l’altra parte in termini ai fini della produzione di ulteriore documentazione; d’altra parte, anche volendo accedere, per un attimo, alla tesi dei ricorrenti, un ordine di esibizione non può essere dato senza termine, sicchè sarebbe stato onere dei medesimi almeno indicare entro quale termine il deposito è avvenuto, consentendo di verificare il rispetto di quanto stabilito dal giudice nell’ordine di esibizione.

Va inoltre rilevato che il Tribunale, come si è detto, con valutazione di merito insindacabile in questa sede, ha affermato che la frammentarietà dell’ulteriore documentazione non avrebbe comunque consentito “di effettuare un calcolo più veritiero”, il che rende inutile la verifica circa la presunta tardività della produzione.

  1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 184 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione al nuovo testo dell’art. 616 cod. proc. civ., introdotto dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52.

Si ritiene, in proposito, che la modifica dell’art. 616 cod. proc. civ. – che ha sancito la non appellabilità delle sentenze che decidono l’opposizione all’esecuzione – essendo entrata in vigore quando erano già scaduti i termini per il deposito delle memorie istruttorie e delle relative repliche, avrebbe dovuto consigliare al Tribunale di ammettere la produzione dell’ulteriore documentazione di cui sopra, essendo stato soppresso il secondo grado di giudizio. La regola costituzionale del giusto processo, infatti, doveva condurre ad una diversa interpretazione dell’art. 184 cod. proc. civ., in base al semplice rilievo che non sarebbe stata più possibile la produzione della documentazione in appello.

2.1. Il motivo non è fondato.

Premesso che, secondo pacifica giurisprudenza della Corte costituzionale, il legislatore gode di ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali e il principio del doppio grado di giurisdizione non gode di “copertura” costituzionale, il motivo in esame muove da due presupposti errati. Il primo, che ricalca quanto già detto a proposito del primo motivo, è che la documentazione non tenuta in considerazione dal c.t.u. sarebbe stata prodotta dietro autorizzazione da parte del giudice, circostanza che, come si è visto, non può dirsi affatto pacifica; il secondo è che i documenti in questione sarebbero dotati del requisito della decisività, il che ne avrebbe dovuto consigliare, se non imporre, l’acquisizione da parte del Tribunale. Ma proprio tale decisività non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata, la quale ha affermato, invece, l’esatto contrario, ossia che, anche ammettendo la produzione, il risultato finale in termini di prova non sarebbe cambiato.

Tali circostanze dimostrano in modo palese l’infondatezza del secondo motivo.

  1. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in termini di omessa pronuncia circa la richiesta di supplemento di c.t.u. svolta all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Osservano i ricorrenti che il Tribunale, nonostante la rilevanza della richiesta istruttoria – la quale avrebbe condotto alla declaratoria di illegittimità del pignoramento immobiliare – ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di rimessione in istruttoria.

3.1. Il motivo può ritenersi assorbito, nel senso dell’infondatezza, alla luce di quanto già detto in relazione ai motivi precedenti, poichè la sentenza impugnata ha dato conto delle ragioni per le quali non ha ammesso la produzione di ulteriori estratti conto, sicchè nessuna omissione di pronuncia è prospettabile.

  1. Con i motivi quarto, quinto e sesto di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in termini di omessa pronuncia relativamente alla condanna alle spese della c.t.u., alla condanna alle spese del et. di parte nonchè alla distrazione delle spese in favore del difensore che si era proclamato antistatario.

Quanto alle spese di c.t.u., i ricorrenti rilevano che, non avendo il Tribunale provveduto assieme alla condanna alle spese, rimarrebbe il provvedimento del giudice che, avendo liquidato il compenso al c.t.u., ne ha posto l’ammontare, in via provvisoria, a carico di entrambe le parti. In relazione alle spese del c.t. di parte, si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale tali spese rientrano tra quelle al cui rimborso ha diritto la parte vittoriosa. Quanto al provvedimento ai sensi dell’art. 93 cod. proc. civ., si osserva che il silenzio del Tribunale non può considerarsi frutto di una svista, ma piuttosto di un’omessa pronuncia.

  1. Su questi ulteriori motivi va fatta una distinzione.

5.1. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile, giacchè questa Corte, con la sentenza delle Sezioni Unite 7 luglio 2010, n. 16037 – alla quale il Collegio intende dare continuità – ha stabilito che, in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma.

5.2. Quanto, invece, ai motivi quarto e quinto, rileva la Corte che essi sono entrambi fondati.

Ed infatti, nel dispositivo della sentenza il Tribunale di Rovigo, dopo aver affermato che la banca opposta doveva essere condannata alle spese in base al principio della soccombenza, ha totalmente omesso ogni pronuncia sia in ordine alle spese liquidate provvisoriamente a favore del c.t.u., poste a carico di entrambe le parti, sia in ordine a quelle del c.t. di parte; anche per queste ultime, oltre che, ovviamente, per le prime, la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito il diritto al rimborso in favore della parte vittoriosa, stante la natura di allegazione difensiva tecnica riconosciuta alla c.t. di parte (sentenze 16 giugno 1990, n. 6056, e 3 gennaio 2013, n. 84).

La sussistenza di un’evidente omissione di pronuncia implica la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti di questi due motivi.

  1. In conclusione, vanno respinti il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, va dichiarato inammissibile il sesto e vanno accolti il quarto ed il quinto.

La sentenza impugnata è cassata nei limiti dei motivi accolti ed il giudizio rinviato al Tribunale di Rovigo, in diversa composizione personale.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, dichiara inammissibile il sesto, rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia il giudizio al Tribunale di Rovigo, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 dicembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2014

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