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Denuncia dei vizi

Guida in Stato di Ebbrezza Infortunistica Stradale

Il reato può essere commesso anche dal ciclista

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-04-2015) 28-04-2015, n. 17684

IL PRICIPIO ENUNCIATO DALLA CORTE:

Il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle generali condizioni di regolarità e sicurezza della circolazione stradale con la conseguente creazione di un pericolo obiettivo per gli altri utenti della strada.

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. – Presidente –

Dott. D’ISA Claudio – Consigliere –

Dott. CIAMPI Francesco – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.A.A. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 961/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del 21/05/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/04/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SPINACI Sante, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Svolgimento del processo

  1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 21/05/2014, ha confermato la pronuncia emessa in data 28/06/2013 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, che aveva dichiarato D.B.A.A. colpevole del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 1 e comma 2, lett. b), per aver circolato sulla pubblica via alla guida di un velocipede, benchè fosse in stato di ebbrezza con tasso alcolemico pari a 0,9 g/l.
  2. D.B.A.A. propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in quanto la fattispecie prevista dall’art. 186 C.d.S. non può essere applicata nel caso in cui non si guidi un veicolo a motore. Il ricorrente sostiene che debba essere applicato alla sanzione penale il medesimo principio interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità a proposito della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che non può essere applicata a colui il quale si sia posto alla guida di un veicolo per la cui circolazione non è stata richiesta alcuna abilitazione. La fattispecie concreta avrebbe potuto eventualmente essere sussunta, secondo il ricorrente, nell’ipotesi contravvenzionale prevista dall’art. 688 cod. pen..

Motivi della decisione

  1. Il ricorso è infondato.
  2. La prospettazione avanzata dal ricorrente in ordine alla pretesa inapplicabilità della disciplina penalistica della guida in stato di ebbrezza alla conduzione di veicoli non motorizzati (e segnatamente della bicicletta), non è condivisibile, essendosi i giudici del merito correttamente allineati al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte nel 2002, quando si è precisato che Se è vero che la reazione dell’ordinamento giuridico, allorchè si prevede la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, svolge, talora, effettive funzioni cautelari, in quanto le misure rimediano nell’immediato ad uno stato di pericolo concreto – ad es., ritiro della patente a chi sia colto a guidare in stato di ebbrezza – è incontestabile che il ritiro della patente non potrebbe svolgere davvero alcuna funzione cautelare se la violazione, prevista e punita dall’art. 186 C.d.S. fosse commessa alla guida di una bicicletta o di altro veicolo per i quali non sia richiesta la patente. In questi casi, l’agente che accerti la violazione e si preoccupi, come deve, che l’autore della violazione non circoli, in quel momento, con quel veicolo, potrà avvalersi, a fini cautelari, di altri ipotizzabili sussidi, ma non del ritiro della patente e ciò per la decisiva ragione che la privazione della patente non sarebbe affatto di nessun ostacolo, in futuro, alla circolazione con quel veicolo con il quale è stata commessa la violazione, non essendo previsto, per la guida dello stesso, il possesso della patente da ciò desumendosi chiaramente la pacifica rilevanza penale della condotta di guida in stato di ebbrezza qualora il mezzo di circolazione sia una bicicletta – indipendentemente dall’applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie previste dalla norma violata (Sez. U, n. 12316 del 30/01/2002, Fugger, Rv. 221039, in motivazione; Sez. 4, n. 2021 del 09/07/1997, Crasnich, Rv. 209287).
  3. Si deve, dunque, ribadire che il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale (Sez. 4, n. 4893 del 22/01/2015, Pastore, Rv. 262038; Sez. 4, n. 19413 del 29/03/2013, Cologna, Rv. 255081). Giova, in proposito, ricordare quanto affermato sin dal 1995 dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte in merito alla contravvenzione di ubriachezza punita dall’art. 688 cod. pen., che concorre con il reato di guida in stato di ebbrezza punito dall’art. 186 C.d.S., data la diversità degli interessi giuridici rispettivamente tutelati dalle due norme (Sez. U, n. 1299 del 27/09/1995, dep. 1996, Cirigliano, Rv. 203633); anche sotto tale profilo, data la necessità di garantire la sicurezza della circolazione sulle strade e l’incolumità di chi vi si trova, risulta chiara l’inconferenza delle argomentazioni svolte nel ricorso.
  4. Il ricorso è, dunque, infondato e va rigettato; segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2015.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2015

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